A due passi dal fiume
di Francesca Marcis

Il guerriero lasciò la foresta e, come d'abitudine, non si diresse subito verso casa, ma in direzione del fiume.
Lei era lì, come sempre, sola, a guardare l'acqua scorrere a pochi passi di distanza. Lui la raggiunse, la salutò, depose a terra arco e faretra e si sedette alla sua sinistra.
Nessuno dei due parlò. Il guerriero non si era mai abituato ai silenzi di lei, che ogni volta lo coglievano impreparato e lo costringevano a parlare sempre per primo. E per ultimo.
"Oggi è una splendida giornata..."
Che cosa stupida da dire. Ma che altro? Da settimane ormai aveva esaurito le parole. Aveva raccontato leggende e favole, parlato della propria vita e di quella dei suoi parenti, spettegolato su qualsiasi argomento a sua disposizione, cantato al vento, al mare e al cielo, e ora la lingua gli sembrava solo una cosa inutile di cui doversi disfare. Aveva trascorso le notti accanto a lei a forzare la voce fino a crollare addormentato, e lei lì, sempre in silenzio, sempre senza guardarlo.
Non ce la faceva più. Allungò la mano cercando quella di lei, ma senza trovarla. Si limitò dunque a sfiorarle il corpo, la pelle, così scura rispetto alla sua, così diversa, eppure per lui sempre così bella. Quel contatto gli diede un po' di vigore, o almeno ebbe questa impressione.
"Amore..."
Nessuna risposta.
"Amore, io... non riesco... non riesco a sopportarlo..."
Perché? Perché non parlava? Era solo colpa sua se ora lei non gli rivolgeva più la parola. Sbatté un pugno a terra, e il tonfo fu attutito dall'erba. Era furioso. Con sé stesso.
"Te l'avrò già detto mille volte, ma voglio ripetertelo ancora: mi dispiace. Mi dispiace per quello che è successo fra noi. Non avrei mai immaginato che tu... che tuo padre..."
Gli sembrò che l'acqua del fiume scorresse più impetuosa, quasi con rabbia, mentre la sua voce si riduceva ad un sussurro.
"Non avrei mai immaginato che saresti arrivata a tanto..."
Maledì mentalmente Cupido, che di certo in quell'istante stava ridendo di lui e del suo amore impossibile. Non distolse lo sguardo dalla sua amata nemmeno per un istante mentre continuava a sussurrarle parole dolci, parole d'amore, parole di scuse.
"Ti prego... ripensaci... Mia dolce Dafne..."
E Dafne non rispose.
Lui si alzò, si legò la faretra alla schiena e tenne in mano l'arco. "Domani tornerò. Come ogni giorno, tornerò da te. Non ho mai smesso di amarti... mai..."
Mentre una lacrima solitaria gli rigava una guancia, il dio Apollo si allontanò dall'albero di alloro.

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