Il gatto nero
di Ambra Formigoni
Silenzio.
Piatto. Vuoto. Infinito.
Solo il miagolare di quel malefico gattaccio, che sotto la mia finestra si lamentava come se lo stessero torturando. Avevo provato di tutto per farlo smettere: acqua fredda, grida, persino il lancio dell'immancabile ciabatta. Niente. Quel gatto non voleva proprio andarsene.
Il suo miagolio era inquietante: ritmico, lungo, leggermente strascicato nel finale, come se fosse stanco di miagolare ma non ne potesse fare a meno. Pareva quasi annoiato. Ma può un gatto annoiarsi?
Mi sporsi dalla finestra, accarezzando per un istante l'idea di lanciare verso il basso dalla considerevole altezza di due piani il vaso di fiori che mia nonna Lorelyn mi aveva amorevolmente ceduto dalle sue fantastiche serre: devo davvero sprecare nove parole per dirvi che è morta dopo due settimane che stava con me? Non nonna Lorelyn. La pianta.
Pace all'anima sua. Bella di Notte rimarrai sempre nel mio cuore. O sulla schiena di quel gattaccio, se solo riuscissi a prenderlo.
Wow, l'idea l'avevo accarezzata eccome! Anzi, più che accarezzata l'avevo proprio presa in braccio e coccolata!
Giù, nel vicolo sottostante, oltre al classico odore nauseabondo dei quartieri poveri, quello che, per intenderci, ti costringeva a restare serrato in camera con le finestre tappate ance il tre di Agosto, c'era questo splendido re nero.
Non so riconoscere la razza di un gatto solo dal pelo, ad essere sincera. E la notte e la poca luce che filtrava dall'appartamento al primo piano non mi aiutavano di certo. Aveva il manto lucido, scuro e corto. Sedeva su tre grossi scatoloni impilati, con la grazia di un re. Gli occhi, di un inquietante verde, mi stavano guardando e…no, aspetta, torniamo indietro.
Gli occhi, di un inquietante verde brillante, sembrava quasi guardassero proprio me. Era una sensazione spiacevole, essere fissata con tutta quella sfida e quell'intensità da un semplice gatto, che, oltretutto, aveva ripreso la sua serenata ad un'invisibile compagna, che doveva pur essere nascosta da qualche parte.
Nonostante l'improvvisa repulsione per quell'animale ritornai a guardarlo. Aveva le zampe anteriori tese, e quelle inferiori elegantemente ripiegate in modo da sedere come una di quelle statue egizie che si vedono in foto, e si spera di vederle, un giorno, nel loro ambiente naturale.
Il muso aveva quell'irritan…rettifico. Il muso sembrava avere un'irritante espressione di sfida, rivolta a me e solo a me. E l'incessante miagolio strascicato continuava ad entrarmi nelle orecchie, rimbombando quando io cercavo solo di annullarmi in santa pace.
"Vattene via, brutto animalaccio!" gridai, mentre il sottile panico che producevano in me quegli occhi verdi mi scorreva lungo la schiena, facendomi sudare appena.
Con la coda dell'occhio percepii un movimento in casa, una macchia scura alla mia destra.
Mi girai, di scatto, rischiando anche di farmi male al collo dato lo strappo.
Vidi quel malefico gatto, in casa, con quegli irritanti ed inquietanti occhi verdi fissi proprio su di me.
Il muso aveva un'espressione di sfida. Era chiara, lampante. Orribile.
Silenzio.
Piatto. Vuoto. Infinito.
E poi, per l'ultima volta, lo stridente miagolio strascicato di quel gatto nero.
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