Lisse àya
di Beatrice Moraldi

La trovò lì, nascosta nell'ombra, le chiese di uscire fuori ma lei, inizialmente, rifiutò. Nella notte sentiva il suo respiro tremare. Come poteva essere? Lei era forte, era stata in grado di guarirlo dalle ferite riportate nelle battaglie e lo aveva fatto ridere nelle notti estive, tra musica e sguardi complici. No, non era lei quella figura tremante nascosta alla vista di chiunque. Poi la ragazza uscì allo scoperto. "Cos'hai?", le chiese l'elfo, andandole vicino. Ad ogni suo passo, però, la ragazza retrocedeva. "Non avvicinarti", gli disse lei, "devi lasciarmi in pace. Il tuo mondo ed il mio sono più lontani di quanto li dividano monti e colline...". L'elfo sorrise sarcasticamente: "Ti ho resa regina nella mia terra, ti ho mostrato luoghi che nessun essere umano avrebbe potuto farti conoscere...e tu mi ringrazi così? Conoscevi la mia natura sin dal principio ma non la temevi, anzi...ora cosa succede? Abbiamo sconfitto insieme terribili nemici, proteggendoci a vicenda, sapendo che ne saremmo sempre usciti vivi...cosa temi ora, l'ignoto?". Finalmente era riuscito ad abbracciarla. La ragazza provava a divincolarsi ma le era impossibile: avrebbe dovuto lottare contro la sua stessa volontà per farlo.
Quindi rinunciò: "Non mi lascerai andare, vero?". Lui sorrise ancora: "Non così facilmente". Un bacio. "Non so se riuscirò ancora a mettere piede nel tuo regno: quella terra non mi appartiene e tu rimarrai sempre un elfo, così come io sarò sempre una semplice donna", furono le sue parole, "la nostra è una storia diversa, noi siamo diversi".
Il loro abbraccio non si scioglieva. "Allora rimani qui fuori", le disse, "ed io tornerò nel mio castello. Continuerò a vivere tra banchetti e vino e battaglie e guerre e spade e amici. Curerò da solo le mie ferite, mi hai insegnato tu come fare. Tu torna pure tra i mortali, con la tua forza e le tue arti magiche, sposati, partorisci dei figli...come se non mi avessi mai conosciuto". Lei lo interruppe, con un debole lamento. Per l'ennesima volta l'elfo sorrise: "è questo che vuoi?".
Allentò il suo abbraccio e lasciò che lei gli scivolasse lontano. "Ragazza, fai come preferisci. Le feste nel mio castello non saranno le stesse, senza te, ma ce ne saranno ancora. Io ho fatto molto per noi ma non posso cambiare la mia natura, non sarò un uomo".
La ragazza tremava, le lacrime le riempivano gli occhi ma la sua forza le permetteva di trattenerle, non avrebbe pianto davanti a lui, che lentamente si allontanava con le ultime parole: "Io posso accettare la tua diversità, tu puoi dire altrettanto? La mia attesa non sarà eterna ma spero di vederti entrare di nuovo fiera nel mio palazzo: sei una semplice ragazza ma sei anche la mia regina". Si allontanò, passo dopo passo. Avrebbe potuto fermarlo, dirgli qualcosa per farlo restare, invece rimase lì. Forse era la scelta migliore, forse era l'unica scelta, vedere il suo profilo allontanarsi nel buio. Oppure, forse, lo avrebbe raggiunto di nuovo al castello. Oppure, forse, era solamente un nuovo principio...

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