Odore di infinito
di Valentina Cipriani
Tutto era grande, bello, vicino. L'aria tiepida le turbinava attorno al viso e i grandi boschi si estendevano sotto di lei, migliaia e migliaia di alberi secolari che correvano via alla velocità del tempo. C'era odore di pulito, di semplicità, di libertà. Odore di infinito e di fragoline di bosco, odore di erba. Tutto era silenzio, rotto da mille fruscii che lei non poteva sentire, le orecchie avvolte dal rombo del vento, amico fedele, alleato, fratello.
Il cielo era di un azzurro abbagliante, la luce chiara e tiepida; le nuvole candide le giravano attorno, lente la studiavano, la sfioravano, la blandivano. E lei volteggiava in mezzo a loro, ridente, pulsante, viva. Era oltre gli uomini, oltre le loro banali preoccupazioni sulla terra. Era oltre gli uccelli, oltre i loro nidi e la loro ricerca di cibo; era perfino oltre le aquile, oltre le loro ali maestose e la loro libertà selvaggia. Era tutto e niente, era aria, donna e odore di infinito.
Una grande macchia rossa passò accanto alle nuvole, lenta e leggiadra. Le ali enormi battevano piano, i grandi occhi verde smeraldo guardavano lontano, tranquilli, appagati. Lei riconobbe una forza più grande, e librandosi si inchinò al drago. Il vento non permetteva loro di parlare, ma in realtà non ne avevano bisogno, comunicavano volando sopra a tutto, parlavano con gli alberi, con il sole e con le nubi senza emettere un suono, senza pensare. Il drago sorrise e tese un'ala rosso fuoco, maestosa e splendida, in segno di invito. Lei felice la prese, e iniziarono a volare insieme, due creature del cielo, compagni nel volo e in quel minuto di vita.
Gli alberi sotto di loro iniziarono lentamente a rarefarsi, e senza ulteriore avviso il panorama cambiò, divenne un'immensa pianura arida e gialla, distesa luminosa che spariva nell'orizzonte. Scomparve l'odore delle fragoline di bosco, sostituito da quello dell'erba secca, che lenta ondeggiava alla brezza chiara. Il vento non li aveva abbandonati, non l'avrebbe fatto mai, perché loro erano sue creature, servi e compagni, amici che a lui tutto davano e da lui tutto ricevevano.
Il drago la condusse sempre avanti, e oltre la pianura ad un tratto apparve l'acqua, che si muoveva lenta e limpida. Profumo di sale, odore di scogli e di sabbia. E senza ulteriore preavviso cominciarono la picchiata, il mare sempre più vicino, il vento sempre più veloce, il cuore che le balzava in petto…sfiorarono l'acqua fredda e poi d'un tratto risalirono verso l'infinito, sempre più su, oltre le nuvole, oltre l'azzurro, oltre il cielo…
Aprì gli occhi di scatto, sobbalzando. Il letto era scomodo e le pareti spoglie attorno a lei parevano stranamente immote. Le guardò confusa, stordita; loro le restituirono lo sguardo, insensibili e indifferenti. La stanza era quella della sera precedente, piccola e vecchia, mobili da poco prezzo e un vago odore di sporcizia. La classica camera di un motel sulla statale, come ne aveva viste a decine.
Si alzò a sedere e sospirò. Aveva avuto i suoi cinque minuti di immortalità.
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