La Fortuna di un Cantastorie
(Ovvero agli dei piace la buona musica)
di Alice Stefanelli
Fathe il menestrello non poteva trovarsi in una situazione peggiore: sotto di lui si aprivano ottocento piedi di strapiombo, e al momento era appeso ad una fune fatta di tovaglie.
Lady Catalla aveva fatto credere alle guardie che tutte quelle tovaglie fossero necessarie per l'ultimo, sontuoso pasto del suo cantastorie favorito, la cui testa entro mezzo ciclo di luna sarebbe finita a fare una chiacchierata col boia sulla piazza principale.
"Maledetto me sette volte per essermi ubriacato, quella sera! E sette volte per aver ragionato con gli attributi!"
Effettivamente quella di portarsi a letto la verginella figlia del barone non era stata la più geniale delle trovate, ma quella smaniava tanto per la sua voce che lui aveva deciso di mostrarle come cantava una certa altra parte di lui.
Non che lei se ne fosse lamentata, ma il ciambellano, che li aveva sorpresi, e il barone non parevano vedere di buon occhio la questione: così il primo aveva spifferato tutto al suo signore, e il secondo aveva preteso l'esecuzione capitale del povero Fathe.
Nessun nobile avrebbe voluto privarsi della sua celestiale maestria nell'intrattenimento, ma, come si diceva, giustiziato un menestrello ne spuntano un migliaio.
Pareva che i cantastorie tendessero a farsi giustiziare, osservò Fathe penzolando dalla sua corda.
"Altri dieci piedi e una strizzatina alla fortuna e arriverei alla terrazza della contessa Boyrryr."
Pareva che la sorte volesse al meno in parte sorridere al cantastorie, perché il vento giunse.
"Un punto per me" pensò Fathe.
Sospinto, raggiunse una sporgenza delle mura della fortezza, vi si aggrappò, scese per quattro piedi sugli spuncioni di roccia; poi la fortuna guardò per un attimo in un'altra direzione e lui mancò l'appoggio successivo.
Cadde per sei piedi. Disse le sue ultime preghiere, pensò che non aveva mai assaggiato l'idromele del sud e che Rosallin la cameriera si era sempre mostrata molto disponibile ma che lui non ne aveva mai approfittato.
Quanti rimorsi per un semplice menestrello!
Poi accadde. Non si sfracellò. Atterrò su una pila di coperte che prendevano aria sulla terrazza.
"Benedetti i cambi di stagione!" pensò Fathe ringraziando gli dei.
Si introdusse all'interno; stava per uscire nel corridoio quando lady Boyrryr entrò di gran carriera con le sue dame e gli scaricò fra le braccia una pila di abiti.
"In lavanderia, servo" tuonò.
Fathe stava per dire qualcosa, ma un mai incontrato prima buon senso lo indusse a tacere.
Schizzò in corridoio,semi sepolto nel velluto.
"Fa che non s'accorgano di me!"
Era quasi arrivato alla porta di servizio, quando qualcuno lo chiamò.
"Dove credi di andartene?!"
Fathe impietrì.
"E' la fine"pensò il menestrello.
Inaspettatamente, un donnone gli strappò i vestiti di mano.
"La lavanderia è di là" grugnì. "E vattene!"
Lo spinse verso l'uscita, e s'allontanò maledicendo i novellini incompetenti.
Incredulo, Fathe eseguì. Una volta fuori, si domandò che fare.
"La mia carriera è finita" realizzò.
Stava per cadere nel panico, quando ricordò che nella taverna della bella Rosallin servivano ottimo idromele del sud. Accelerò il passo e sparì, inghiottito dalla folla.
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