Siegfried
di Maria Galella
Non mi piace il suono dell'organo. Non mi piacciono i cori angelici. Ho un regno chiuso in una scatola musicale.
Ho due sorelle. Ieri litigavano e si strappavano i capelli, c'era una rotolo di carta sul tavolo, c'era il sigillo rosso di un re e io cercavo tra le cose un filo che non esisteva.
Le mie sorelle cantano nel coro e l'organo guida le loro voci di fate. Il filo le cuce insieme, l'una all'altra, mentre io cerco e non trovo mai.
E ci sono i fasti malati di un impero in declino, le fiabe senza soluzione che hanno già da tempo smesso di raccontarci. E c'è un uomo che ci chiama fratelli e sorelle, non lo conosco, non conosco nessuno in questo posto. Le mie sorelle vestono di bianco come mille altre. Fuori i cannoni sfilano in lunga processione. Qui l'organo ci chiama, fratelli e sorelle in fila per due.
Non avranno il coraggio di parlare della pace, pensai. E invece l'uomo ripeteva quella parola all'infinito. Ripeteva quella parola anche mentre benediceva i cannoni.
Sei troppo piccolo per capire, mi dissero le sorelle. Sei troppo piccolo per fare domande. Appena ebbero smesso di cantare (avevano ancora addosso i vestiti della festa) tornarono a strapparsi i capelli e la pelle a morsi, come piccole belve.
Ho una casa vicino al bosco. Ho una casa che somiglia a una scatola musicale. Dalla piccola finestra di marzapane guardavo con gli occhi del sogno, vedevo eroi e valchirie ed elfi e ondine ballare insieme, tenendosi per mano, una danza che io non avrei mai imparato. Le mie sorelle scandivano gli istanti come tocchi sui tasti delle dita, vagheggiando castelli e pentole dell'oro interrogavano i loro specchi ogni mattina.
L'organo e il cannone hanno quasi la stessa voce. Avanti bambini, l'organo ci reclama tuonando il richiamo della festa. Venite avanti, ancora. Avrete vesti bianche e parole per ogni occasione, avrete castelli e pentole dell'oro.
Le mie sorelle cantano nel coro insieme a mille altre. Tutto è fermo, attorno. Ogni cosa lasciata agonizzante al proprio posto, ogni cosa è una pausa interminabile tra le loro voci che non riconosco e il rantolo della corda che si spezza tra gli ingranaggi della mia anima musicale. C'è un rotolo di carta su un tavolo, un sigillo rosso fuoco e sangue, come cera gocciolata via. I cannoni partono in fila al suono dell'organo. Le mie sorelle e mille altre ancora hanno intonato l'inno. Domani torneranno a uccidersi, ancora, soltanto per quei pochi brandelli sanguinanti carta e ceralacca.
Io sto cercando un filo che non esiste. È vero, sono troppo piccolo per capire.
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