Eriador
di Silvia Pirazzini
Eriador verificò lo stato della propria armatura. Era un'accozzaglia di ferro, ammaccata in tantissimi punti dove era stata colpita dai colpi dalle asce dei Nani Rossi.
Con un gesto di stanchezza se la tolse gettando i vari pezzi lontano da sé, facendo non poco rumore, quando il metallo sbatteva contro le pareti della roccia.
Tanto ormai non c'era alcun dubbio che i combattivi nani dell'armata di Rotanur sapessero dove si era nascosto.
Le grotte erano molto vaste, le gallerie immense, ma i Nani Rossi le conoscevano palmo a palmo, essendo state scavate da loro centinaia d'anni prima.
Il guerriero si deterse il sudore dalla fronte, e ora, libero dal peso dell'inutile armatura, si alzò in piedi, raccolse da terra la pesante spada e indugiò un momento ad ammirarla.
Era un'arma bellissima e letale. Forgiata dai maestri armigeri della propria stirpe per uno dei più grandi guerrieri che la sua gente ricordasse, Sobitor, suo nonno.
Il popolo Elfico della Notte, sotto la guida di Sobitor, aveva conquistato con una lotta feroce e senza esclusione di colpi il territorio delle Montagne Rosse.
Il Popolo della Notte era una stirpe considerata anomala dal resto delle nazioni elfiche del pianeta.
Erano nomadi, combattenti validissimi, predatori e conquistatori. Ingaggiavano guerre con qualsiasi popolo si parasse loro davanti. Amavano la guerra e la distruzione.
Erano disprezzati dagli altri elfi che li consideravano un abominio.
Si narrava, in effetti, che la Stirpe della Notte fosse nata da incroci avvenuti tra gli antichi abitanti del pianeta, gli umani, una razza odiosa, barbara, guerrafondaia, ormai estinta, e delle donne elfiche rapite e poi successivamente violentate ed uccise.
Eriador sorrise ripensando alle battaglie ingaggiate contro gli abitati delle Montagne Rosse durante le quali fu personalmente iniziato alle arti del combattimento dal nonno, il grande condottiero che aveva perso l'unico figlio durante quegli scontri.
L'addestramento era stato massacrante e spesso il nonno lo guardava con disprezzo quando mostrava segni di debolezza.
Ma alla fine i suoi sforzi furono ripagati. Alla morte dell'avo, avvenuta qualche mese prima, fu nominato dai membri della tribù, condottiero.
Ed era stato Eriador ad infilarsi nelle Grotte Rosse, assieme ad un manipolo di fidati guerrieri per stanare i nani che le abitavano da secoli.
I nani avevano reagito con ferocia al tentativo di conquista del loro territorio.
Il gruppo di elfi era stato sottoposto ad un massacro meticoloso fatto di imboscate, realizzato grazie al fatto che i nani erano padroni del territorio.
Eriador era l'unico sopravvissuto.
Libero dal peso dell'armatura, sentì l'adrenalina scorrergli nelle vene al pensiero dell'imminente scontro.
Impugnò saldamente la spada, iniziò a risalire il tunnel con risolutezza, mentre atavici ricordi di mille battaglie e massacri gli venivano in mente.
Erano pensieri dovuti al suo lato umano.
Appena svoltò in un anfratto, vide un folto gruppo di nani, asce alle mani.
Sorrise con ferocia e urlando il suo grido di battaglia iniziò a correre contro di loro, brandendo la spada con orgoglio e crudeltà.
Probabilmente sarebbe stato ucciso, ma questo non gli importava.
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