Il treno, sbuffando e arrancando, ricondusse Efrem, dopo molti anni, al suo paese natale. Fuori dalla stazione, solo una malandata carrozza nera. Seduto a cassetta, un minuto vecchio rugoso avvolto in un pesante manto nero. Gli chiese se fosse stato disponibile a trasportarlo presso quella che sapeva essere l'unica locanda del paese. Il vecchio lo guardò lungamente, poi annuì. Il paese appariva dello stesso colore plumbeo del cielo. E deserto. Stranamente deserto. Vuoti barattoli di latta rotolavano per le vie deserte sospinti da un vento gelido, e le imposte che non erano chiuse sbattevano rumorosamente, lasciando intravedere tende lacerate e interni deserti. Attraversando gli stretti e tortuosi vicoletti bui e umidi, le case ai lati apparivano come mute stamberghe cadenti, chiuse da anni. Dopo un'ennesima svolta la carrozza imboccò una strada che conduceva lontano dall'abitato. Efrem, rivolgendosi al vecchio, chiese: "Scusi, ma dove stiamo andando? Non è in città la locanda? E perché in giro non c'è nessuno?". Dopo qualche secondo di silenzio, in cui si udiva solo l'alitare imperioso del vento, il vecchio parlò, lentamente: "Stiamo andando alla locanda del Giglio Fiorito, che mi ha indicato lei stesso. Ed essa è vicino al bosco. Ma questo non è colpa mia". Efrem non replicò. Poi, ripensò alle parole del vecchio, che aveva parlato del bosco e alla strana storia che gli veniva raccontata da piccolo, secondo la quale lì vi era una antichissima quercia dal tronco cavo che era dimora del diavolo e che lì si riunivano, a partire dalla notte dei tempi, strane figure, forse streghe, forse altri demoni. E, in determinati periodi, quel vecchio albero cavo avrebbe fatto sparire dentro di sé tutti coloro i quali, semplicemente, non avessero creduto al suo sinistro potere, tramandato da quella storia antica. Gli venne un irresistibile desiderio di andarlo a vedere e chiese al vecchio vetturino se questo fosse stato possibile. Il vecchio annuì. La carrozza si fermò al limitare di un vialetto erboso e il vecchio gli fece cenno di percorrerlo. "Assieme all'albero -disse- troverà anche la sua dimora". Efrem si avviò, valigia in mano e, ad un tratto, in una piccola radura, l'enorme albero cavo gli si presentò davanti, inconfondibile, in tutta la sua antica imponenza. Dietro di esso, in lontananza, gli parve di scorgere una dimora, forse la locanda. Si avvicinò a quel vecchio e incompreso albero secolare e sorrise ripensando a quando gli veniva raccontata quella favola, a cui certo nessuno più credeva. Poi, ripensò anche alle poche ma strane parole del vecchio e ai suoi silenzi. In quel momento, il vento soffiò più forte. ________________ Il giorno dopo, alla stessa ora, la vecchia carrozza ripercorse il vialetto che conduceva al bosco. Ne discese il vecchio vetturino che, curvo e stanco, si incamminò, frenato dall'età e dal vento contrario, gelido. Raggiunse l'albero cavo ed ai suoi piedi giaceva una valigia. Un debole sorriso increspò le sue labbra. "Neanche lui credeva in te"- mormorò. In quel momento, il vento cessò. Commenta questo racconto |