La Luna
di Giovanni Cicero

Un frastuono strombazzante di suoni e musica aveva annunciato, quella mattina, l'arrivo in paese di un luna-park e fu solo a sera inoltrata che Adam decise di andarvi a fare un giro.
Dentro, tutto era
confusione, e apparente felicità.
In disparte, dietro una giostra
ondeggiante, scorse una piccola tenda dal colore blu notte. Sopra l'entrata, una rozza tavola in legno, attaccata malamente, recava la scritta, consunta dall'usura del tempo:
MAGA OFELIA. LEGGE IL TUO
FUTURO.
Attratto dall'appartata solitudine di quel luogo, decise di entrare. Mai in vita sua, fino ad allora, aveva fatto una cosa del genere.
Dentro, sedeva una vecchia rugosa, vestita con un'ampia veste rossa. Una zingara.
Appena entrato, gli fece cenno di sedersi.
"Ti
stavo aspettando" -gli disse.
Per un attimo, Adam rimase interdetto,
stupito, poi pensò che forse la vecchia diceva così a tutti. E quella:
"No, non è come tu pensi. Ti sto aspettando da quando sono arrivata in questo posto" disse, lentamente, con una strana voce profonda, quasi maschile.
Adam taceva. Ma la cosa che più lo impressionava era proprio la voce della vecchia, che non si addiceva, cupa e profonda com'era, al suo aspetto gracile e curvo.
"E' il destino che ti ha condotto qui,
perché è bene che tu sappia qual è il tuo futuro! Ed è bene che tu lo sappia al fine di guardarti e di preservarti dal pericolo più grande per un essere vivente".
Adam si sentiva improvvisamente confuso, ora, e non riusciva a ragionare bene.
Forse nell'aria, lì dentro, c'era qualcosa, pensò, e vedeva tutto come sfocato. Ma riuscì a dire:
"Guardarmi e preservarmi da cosa? Non capisco…".
La vecchia continuava
a fissarlo con gli occhi ridotti a fessure. Poi riprese: "Ti posso solo dire che dovrai guardarti dalla luna. Questo io ho visto".
A quel punto
Adam, come riscotendosi da un sogno, uscì dalla tenda. Si sentiva turbato, stranito.
La luna! Che pericolo poteva venire, ad un uomo, dalla luna?
Istintivamente, appena fuori, alzò la testa verso il cielo (ma quanto tempo era passato?) punteggiato, qua e là, di stelle e scorse, alta e piena, lei, la luna, che continuava ad irradiare, indifferente, la sua pallida luce riflessa d'intorno a lei.
Non aveva
voglia, ora, Adam, di continuare a stare in quel posto e decise di fare ritorno a casa.
Appena in casa, andò in salotto e sedette sull'ampio divano, sotto il grande quadro che occupava quasi l'intera parete. Si sentiva stranamente spossato. La testa gli duoleva, ora, mentre ancora le arcane parole della vecchia gli rimbombavano nel cervello.

*
*

La mattina dopo, la domestica che faceva le pulizie in casa di Adam, appena entrata in salotto, gettò un urlo che lacerò l'aria, facendo accorrere la gente del vicinato.
Disteso a terra giaceva, col
collo forse spezzato, Adam. Accanto al corpo, il grande e pesantissimo quadro che stava sopra il divano, staccatosi dal muro.
Sulla tela era
raffigurata in primo piano, sopra un mare notturno, rischiarato dalla sua tenue luce, una bianca, pallida luna.

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