L'Ultima Battaglia
di Anna Rossato
L'immenso altopiano è sprofondato nell'immobilità, accentuata dalla pallida nebbia non ancora dissolta dal sole. Anche il vento non osa soffiare le sue fredde raffiche autunnali. Verde e marrone predominano, interrotti solo dalla macchia azzurra di un laghetto, piccolo santuario nell'asprezza del paesaggio. Qui un piccolo falco, immobile su un masso muschioso, sembra inconsapevole di quello che accade tutto intorno.
Se alzasse la fiera testa vedrebbe la nebbia diradarsi e apparire sulla riva destra le sagome spettrali di migliaia di cavalieri disposti in file ordinate. Il freddo sole illumina le loro schiere e i raggi che colpiscono le armature si riflettono in un complicato gioco di luci metalliche. Alcuni cavalieri sono in disparte, disposti intorno ad una figura centrale dalla splendente armatura. L'uomo guarda verso il falco, assorto in pensieri che non rivelerà mai.
Improvvisamente il cavaliere distoglie lo sguardo e lo porta sulla riva sinistra del lago. Qui si ammassano altre migliaia di figure, pesantemente armate e vestite di cuoio. L'esercito degli orchi è silenzioso quanto quello degli umani e non sembra meno letale.
Tutto è immobile.
Scorrendo le file di nemici, il cavaliere individua il generale degli orchi. L'orco lo guarda di ritorno. I due sono troppo lontani per incrociare gli sguardi, ma hanno entrambi la consapevolezza che l'altro lo stia osservando.
Come ad un segnale convenuto i due generali alzano un braccio. Sulla riva destra i corni emettono il loro lugubre lamento. Contemporaneamente i tamburi iniziano a rullare sulla riva sinistra. Un brivido corre per tutti e due gli schieramenti, mentre i suoni aumentano di intensità con il passare dei secondi.
Il falco alza la testa di scatto, allarmato dal rumore improvviso. Spiega le ali e spicca il volo, volteggiando sull'area che separa i due eserciti.
Il frastuono ora è a stento sopportabile. Il sangue scorre veloce nelle vene dei soldati, pulsando furiosamente nelle tempie. I cavalieri mettono le lance in resta. Gli orchi alzano le pesanti asce di ferro.
Iniziano a muoversi.
Gli umani procedono con la certezza che, vinta questa battaglia, i nemici scompariranno per sempre. La sicurezza delle loro famiglie dipende da come si comporteranno oggi. Fallire significa tornare ai giorni in cui le madri si chiedevano se i loro figli sarebbero sopravvissuti fino all'estate successiva. Non possono permetterlo.
Negli occhi degli orchi brilla la forza della disperazione. Per decenni gli umani li hanno scacciati, uccisi, massacrati fino a ridurre la loro terra ad un pugno di miglia. Poche miglia quando un tempo il loro territorio si estendeva fino all'orizzonte. I vecchi muoiono di malattie, i bambini hanno fame. Se oggi perdono la loro civiltà sarà distrutta e dimenticata per sempre. Devono vincere ad ogni costo. Per sopravvivere.
I due eserciti accelerano, gli orchi corrono, i cavalli galoppano. Ormai solo pochi metri li separano all'impatto.
Il falco continua la sua ascesa verso il cielo. Non sa nulla di tutte queste cose e, se pure ne fosse a conoscenza, non gli importerebbe. Vola verso le montagne lontane, dove non si sente il rumore della battaglia.
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