Immedesimazione e Consapevolezza
di Fabrizio Palmieri

Ero di nuovo a caccia, e questa volta inseguivo un unicorno. Ormai da giorni inseguivo la sua pista e ogni volta che lo avvistavo esso scompariva dalla mia vista un attimo dopo. Molti dicono che gli unicorni sono animali magici , pervasi da un’ aura di mistero, ebbene non so quanti animali considerati mistici abbia ucciso sino ad ora , quante volte abbia preso la freccia , incoccata nel mio arco, teso la corda e lasciata. L’aura di mistero scompariva non appena cadeva a terra in una polla di sangue. C’è ben poco di soprannaturale o mistico in questo, come d’altronde in tutti gli altri esseri viventi. Da un po’ di tempo, le tracce riconducevano verso il lago Shadami : probabilmente l’animale era andato ad abbeverarsi. Quale occasione migliore! Arrivai silenzioso sulla riva del lago e vidi l’animale intento a bere, con il collo abbassato e il manto lucente alla luce del sole. Chissà quanti soldi mi avrebbe fruttato quella carne, quel suo manto per non parlare del corno. Anzi no, la testa l’avrei appesa alla parete insieme ad altri pochi trofei di caccia. Mi arrampicai su un albero, mi misi comodo a cavalcioni su un ramo, incoccai la freccia, presi la mira…e proprio in quel momento l’animale alzò la testa e miei occhi si riflessero nei suoi. Per un po’ di tempo io e lui ci fissammo, poi vidi uno strano uomo seduto su un ramo, con uno strano strumento in mano. Sentì uno forte sensazione di pericolo e poi un forte dolore alla gola. Il sangue spandersi a terra, fluire fuori dal mio corpo e con esso la vita. Immobile, ormai morto, osservai il mio manto che veniva strappato dal mio corpo per poi andare a ricoprire le spalle di un signorotto, la mia carne essere mangiata da quello stesso uomo e da altri seduti alla sua tavola. Gli avanzi dati ai cani, o addirittura buttati. La mia testa fu appesa ad una parete del cacciatore : ma la cosa più terribile fu trovare me stesso osservare compiaciuto un trofeo così orribile. Vivo o morto? Uomo o animale? Mi guardai intorno e urlai in preda ad un orrore incontrollabile. L’arco mi sfuggi di mano, caddi dal ramo, picchiai la testa a terra e sveni. Dopo un po’ sentì qualcosa di umido sulla faccia, aprì gli occhi e davanti a me c’era l’unicorno che, sebbene sia assurdo, sembrava sorridere con il suo volto e dire “Ebbene? Cosa ne pensi?”. Quindi si voltò e scomparve nella foresta vicino il lago. Non lo inseguì e lasciai il mio arco incastrato tra i rami dell’albero. Forse dopo tutto l’unicorno aveva qualcosa di mistico, solo qualcosina, o forse è stata la mia coscienza a impedirmi di uccidere di nuovo per soldi. Sicuramente non dimenticherò mai i sentimenti di paura, voglia di vivere e di orrore che l’animale , come d’altronde tutti gli esseri viventi, provano quando la loro vita è in pericolo.

Dal capitolo I de “L’autobiografia di Larethias il Druido”

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