Maya e il Popolo del Tramonto
di Martina Dei Cas

“Cara nipote, se stai leggendo queste righe vuol dire che sono nei guai, ma ricorda, tu sei la chiave di tutto, con affetto nonno”. Maya sedeva sugli scalini di una fatiscente stamberga alla periferia di Pechino, leggendo le parole che l’avevano portata lì. Erano infatti l’unica cosa, assieme a quell’indirizzo, che il suo strampalato nonno le aveva lasciato prima di scomparire.
La ragazza esitava, quando un improvviso brivido la scosse, facendola saltare in piedi e suonare il campanello: all’imbocco del vicolo stava infatti una strana donna, che la fissava con malcelata insistenza.
Le aprì un uomo sulla sessantina, con un’espressione saggia, che disse: “Mi chiamo Ling, sei la nipote di Erasmus vero? Ti aspettavo…”. “Sì” sussurrò Maya, ma non fece in tempo a finire la frase che un sibilo prolungato si propagò per tutta la casa.
“è l’allarme, sono qui!” biascicò Ling, strattonando l’esterrefatta ragazza in giardino e dicendo: “Ascolta, tuo nonno era un membro del Clan del Lupo Grigio, una delle più antiche sette di maghi buoni della Cina Orientale: aveva trovato un modo per cacciare definitivamente il Popolo del Tramonto, composto da tutti i mostri che puoi immaginare, dalle chimere alle mantidi giganti, passando per i tradizionali vampiri, è per questo che loro l’hanno rapito… ora sono qui per completare l’opera con noi due! Dobbiamo scappare… in Mongolia!.”
Maya gettò un’ultima occhiata alla casa: dentro si vedeva la donna, con due sgherri orripilanti, dal viso tumefatto e bianchissimo, un ciuffo di sparuti capelli grigiastri e due canini a dir poco acuminati. “Quelli sono Lupiri, un incrocio tra vampiri e lupi mannari, forza, via di qui!”.
Corsero a perdifiato fino alla stazione e presero il primo scomodissimo treno per la Mongolia.
“Perché proprio lì?” chiese Maya. “Perché lì si trova la tana del Lupo Grigio, il nostro antenato più illustre che dovremmo risvegliare!Hai la chiave vero?”. la domanda però cadde nel vuoto, o meglio nella fetide esalazioni provenienti dalla porta dello scompartimento che s’aprì lasciando intravedere un fantasma con una lunga scimitarra a tracolla. Il vecchio Ling prese a cantare a squarciagola un’allegra ballata. Il fantasma richiuse e scappò singhiozzando. “Quel tipo di mostriciattoli non sopporta l’allegria” spiegò l’uomo imperturbabile.
Arrivarono a destinazione a notte inoltrata e riuscirono a raggiungere la tana del Lupo. Ling sorrise, dicendo che Maya doveva proseguire da sola, poi scomparve.
La ragazza non sapeva che fare, anche perché la porta, coperta da Antiche Rune era chiusa da un pesante lucchetto. Involontariamente strinse il braccialetto che portava sempre e…si rese conto che uno dei pendagli era proprio una chiavetta d’oro. Provò ad inserirla: il meccanismo scattò. Comparve un maestoso animale, che con ululato baritonale tuonò: “Vieni, piccola umana…”
Maya esitava: troppe cose erano successe in quella notte.
Poi con un tramestio di rami spezzati comparve la donna malefica. Maya la fissò dritto negli occhi, prese la zampa che il Lupo le tendeva e senza più paura attraversò la Linea del Tramonto: era tempo che il bene e il male tornassero a combattere ad armi pari!

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