Dryahsor
di Claudio Foti
Il calar del sole aveva sorpreso la carovana di calderai poco lontani dalla Foresta.
Non sapevano dove si trovavano. Non sapevano quanto rischiavano.
Forse non avevano mai sentito parlare di Iperborea.
Si accamparono a pochi passi dai boschi e subito alcuni di loro si allontanarono per far legna per il fuoco. Non s'inoltrarono molto. Si fermarono ai primi alberi, pochi e decisi colpi di scure recisero i rami per il falò.
Tornarono al riparo vicino ai carri.
Accesero il fuoco e mangiarono.
L'attacco giunse senza preavviso.
Le driadi piovvero infuriate tra gli uomini sazi e prossimi al riposo.
Morirono accanto al fuoco, morirono fuggendo, morirono implorando, morirono combattendo.
Le driadi entrarono infine nei carri, per completare lo sterminio.
Dryas s'era avvicinata all'unico giaciglio occupato, gli artigli lignei ed insanguinati pronti a ghermire un'altra vita.
Forse fu solo un caso, forse una fatalità.
O forse il destino.
L’umano addormentato aprì improvvisamente gli occhi.
E la guardò.
Lauralas avanzava a passo svelto nel folto della Foresta, allarmata dal Richiamo.
Che era accaduto?
La Foresta l'aveva chiamata all'improvviso, destandola dal sonno.
Era corsa, senza esitare. Infine giunse e le guide lucenti si dispersero, lasciandola sola e preoccupata.
“Regina?”
Si voltò di scatto nella direzione della voce.
Un'ombra si staccò dal muro d'alberi, s'avvicinò a lei.
“Dryas!”
La driade appariva confusa, smarrita.
Aveva un fagottino tra le braccia fronzute, e da come lo teneva sembrava che temesse di scottarsi da un momento all'altro.
“Io... Tu sai...” balbettò, incapace di allineare i pensieri. “Dryas non è malvagia... difende la Foresta...”
Il fagottino si agitò per un istante, allarmandola.
“Ma cosa...” sussurrò Lauralas.
In qualche modo la driade riuscì a non perdere la presa.
“Dryas odia chi aggredisce la Foresta, chi viene con ferro e fuoco a infliggere ferite dolorose!”
“Dryas... so quello che fai e perché lo fai.”
“Tu capisci il dolore di Dryas... ”
“MAMMA?” chiamò una vocetta trillante, gioiosa.
Dryas sobbalzò.
“Un bambino!” Esclamò meravigliata Lauralas. “Umano!”
Contemplò rapita il volto sorridente, più lucente del plenilunio di quella notte.
“Mamma? Ti ha chiamata mamma?”
Dryas non rispose.
Lentamente, con infinita cautela, la driade porse il fagottino all'elfa.
“Ecco… Io non saprei come... come allevarlo...”
“Allevare?” Ripeté Lauralas prendendolo.
“Ora... Dryas va” disse sollevata.
Mosse un paio di passi all'indietro, quindi si volse e rapida schizzò oltre alberi e fronde, scomparendo in un istante.
La risata argentina sgorgò direttamente dal cuore della Regina e volò tra le alte chiome.
“Salve a te, valoroso guerriero. Con una sola parola hai messo in fuga la possente Dryas, la Regina delle driadi!”
Il piccino emise un verso, scalciò con i piedini.
“Che tutta la Foresta mi sia testimone!” Invocò allora Lauralas, tenendo il pargoletto dinanzi a sé. “Io, Lauralas, Regina degli Elfi, faccio appello alle leggi naturali! Sia questa da oggi la sua casa! E il tuo nome...”
Esitò, vagliando rapidamente numerose possibilità.
Poi sorrise maliziosamente.
“Dryahsor!”
“Figlio di Dryas!”
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