Estif'elfora
di Claudio Foti

Annabelle si fermò ansimante.
Rifiatò.
Il petto sul punto di esplodere. Il selvaggio martellio del cuore.
I muscoli contratti dai crampi.
Il profilo dei tre uomini si stagliò all'orizzonte.
L'avevano trovata!
“No...” sussurrò.
Riprese la corsa interrotta.
Le ginocchia le tremarono, i piedi martoriati incespicarono.
Crollò al suolo.
Gemette per il dolore e la paura.
Sdraiarsi, riposare...
Accettare l'ineluttabile.
Sorrise al pensiero che così avrebbe potuto ritrovare i suoi genitori.
L'eco dei passi rapidi degli aguzzini era carico di minacciose promesse.
Si raddrizzò.
La Foresta la sovrastava con le sue cime inarrivabili, maestosa.
Era l’unica via.
Mosse prima un passo incerto, poi un secondo.
Riprese la sua corsa per la vita.
“Spiriti della Foresta di Estif’elfora... Aiutatemi!”
Ma non ebbe risposta alcuna.
Le immagini si sfuocarono, la testa cominciò a girarle.
Rallentò, barcollò, totalmente esausta.
“Vi prego...”
Lo scalpiccio degli inseguitori si fece più vicino.
Una mano le coprì la bocca, un braccio le cinse la vita sottile.
Si sentì trascinare tra le fronde.
“E'... finita...” mormorò amaramente.

I predoni erano piombati sulla solitaria Chiesa di Sanngetal con furia, alla ricerca delle offerte fatte dai fedeli. Avevano sorvegliato il luogo per giorni, imparando a conoscerne i ritmi di vita e gli intervalli di tempo tra i passaggi delle pattuglie di Irtellev. I servitori erano stati uccisi, le ancelle oltraggiate prima di subire la morte. Poi si erano accorti della fuggiasca. Avevano giocato con la loro preda, godendo di ogni sguardo terrorizzato, di ogni passo falso.
Assaporando ogni goccia della sua disperazione.
Ormai era pronta per loro, totalmente priva di ogni forza. Sogghignarono al sapore del premio che li attendeva qualche passo più avanti.
A causa del fogliame a tratti la perdevano di vista.
Radior decise che non era più il caso d'aspettare.
Affrettò il passo.
Mosse la destra sulle labbra di lei, con la sinistra le cinse la vita.
La trascinò nel fogliame.
Con il peso del corpo la immobilizzò.
Trionfante ne studiò il volto giovane e bello.
Le leccò il volto e il petto ansante.
Lei non si ribellò, ma lo abbracciò, stringendolo maggiormente a sé.
“Ah..., ragazzina!” esclamò “vedrai che ti piacerà! E se sarai carina... chissà... ti lascerò vivere!”
“Ne sono certa... umano…”
Sorpreso, lui la guardò meglio.
Fece appena in tempo a urlare per il terrore.
Poi le sue ossa cedettero sotto l'abbraccio impietoso della driade.

Melianai depose la fanciulla sul soffice giaciglio.
“Come sta?”
La Regina le si inginocchiò accanto, ne valutò le condizioni.
“Nulla cui non si possa rimediare”.
“Bene” annuì Melianai, alzandosi.
“Dove vai?”
“Ad accertarmi della sorte dei tre che l’inseguivano.”
“Melianai, ricorda, la distanza tra luce e tenebra è solo un invisibile filo.”
La driade esitò.
Quindi si dileguò tra le fronde.
“La driade...” biascicò la fanciulla “…col mio volto...”.
Dunque, aveva visto!
Ma non era poi così importante.
La cosa importante adesso era che Estif’elfora donasse parte della sua energia alla giovane.
La Regina degli Elfi levò le braccia ai rami carichi di foglie verdeggianti.
E la melodia risanatrice dilagò.

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