Successione
di Federica Ramponi
Quel giorno, con mio grande stupore, riuscii a scendere dalla nicchia. Avevo sviluppato finalmente un bel paio di ali sulle spalle. Giunta nel corridoio centrale, scarsamente illuminato da una soffusa luce dorata, notai con gioia che le inservienti, che fino ad allora mi avevano trattata come una pupa inerme, ora mi ignoravano come qualsiasi adulta.
Sapevo già dove dirigermi: strano come l’istinto ti porti a conoscere la colonia anche se non l’hai mai visitata prima. Mi guidavano un po’ gli odori, un po’ i rumori.
Entrai quindi nella stanza della regina. Non era molto più grande o confortevole delle stanze delle operaie che avevo oltrepassato per arrivarvi. Era calda, questo sì, e una parete, sapientemente assottigliata, lasciava trasparire una tenue luce.
<<Ah, sei qui. Su, sbrighiamoci. La nostra vita non è eterna, non possiamo perdere tempo.>> una delle operaie anziane mi passò del cibo, che riposi su una mensola a fianco del giaciglio della regina, per poi andarsene via e lasciarmi lì, con l’ordine di attendere sua maestà. <<Fra breve tornerà e mi ha detto che vuole che le giovani la aspettino qui, e quando sarà finito lo spazio, nel corridoio. Guai a te se assaggi la pappa reale!>> ne avevo sentito parlare, ma non l’avevo mai vista.
Dunque era fatta così. Non l’avrei mai toccata, a ogni modo. Era troppo diversa dal cibo cui ero abituata.
Altre operaie appena divenute adulte si unirono a me, e la calca crebbe pian piano. Tuttavia nessuna osava rompere il silenzio: eravamo ben istruite.
Vidi un grosso uovo sopra un morbido cuscino di piume: il suo guscio era semitrasparente, e si poteva vedere la vita pulsare al suo interno. Una nuova regina…
Si udirono dei passi di marcia, e sua maestà entrò accompagnata dalla scorta. Le sue ali iridescenti, più grandi ed eleganti delle nostre, sfarfallavano a ogni suo passo, rendendolo leggero e aggraziato. Quasi non toccava il pavimento.
Andò diretta verso l’uovo, e lo baciò commossa.
<<Addio, figlia mia. Ti lascio in buone mani: segui gli insegnamenti della mia ancella più esperta, guida il tuo popolo con amore e saggezza. Io vado a finire i miei giorni nel Palazzo delle Anziane, come mia madre prima di me, con le vecchie operaie che mi hanno servita con rispetto e dedizione. Tu ora hai uno stuolo di nuove serve, giovani ed energiche. Hai molte responsabilità: da domani sarai la nuova regina delle fate. Addio, mio tesoro.>> non piangeva, ma i suoi occhi erano lucidi e la voce incerta. Le vesti fruscianti mi sfiorarono, e mi sentii onorata.
Seguimmo il corteo fino al terrazzo e guardammo con un certo peso al cuore la nostra regina volare via accompagnata dalle fate che ci avevano cresciute: non solo la nuova sovrana si sarebbe sentita orfana.
Rientrata, notai che l’uovo si stava già incrinando. Sarebbe nata con le ali variopinte oppure le sarebbero cresciute in seguito come a noi?
Aveva importanza? Eravamo pronte all’obbedienza verso una nuova regina, un meraviglioso esempio di grazia e dignità come le precedenti.

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