Fuoco e Ghiaccio
di Luca Mannurita

Il panorama di rocce aguzze e ghiaccio che si stendeva davanti ai suoi occhi stretti a fessura lo lasciava indifferente. Insensibile al gelo dell'aria rarefatta per l'altitudine, aveva ben altro a cui pensare. Non temeva le raffiche impetuose che dalle cime circostanti stendevano sfrangiati lenzuoli di aghi gelidi nel cielo cristallino.
Gli parve di sentire nuovamente il forte richiamo magico dell'Iniziata della Sorellanza. In virtù dell'antico sodalizio non aveva potuto rifiutare. Aveva fatto in tempo a fermare quella lama assassina e l'aveva trasportata, viva e ribelle, fino in quel posto inaccessibile e remoto.
Il pensiero di non averla abbandonata in un posto sufficientemente arduo da raggiungere lo tormentava. E lei ne godeva.
- Torni sempre... dunque mi temi così tanto?
Girò la testa un poco. Era lì, una bianca apparizione in mezzo al candore del ghiaccio eterno. Il vento gelido non la turbava sebbene sferzasse la sua veste di lino. Capiva il suo potere. Capiva perché era difficile resisterle.
- Non rispondi? Non sai più parlare?
Distolse lo sguardo. Non la temeva, ma preferiva il paesaggio di quei denti di roccia coperti di ghiaccio.
- Posso sentire i tuoi pensieri...
La più dolce voce che avesse mai sentito. Deliziosa quanto il suo aspetto.
- Tu mi temi.
Rise, rauco. Il fiato bianco fu inghiottito dal vento in un battito di ciglia.
- Non puoi nulla contro di me – le disse calmo.
La sentì posare una mano affusolata e pallida sulla sua spalla. Sentì il gelo del ghiaccio e il profondo disprezzo del suo nero potere. Occhi d'acciaio lo fissavano duri fra il turbinare dei capelli dorati. Gli avrebbero trapassato il cuore alla prima occasione. Le labbra rosee si distesero mostrando i denti regolari. Tornò indietro di qualche passo, camminando scalza sul ghiaccio eterno con il lungo abito che le sbatteva sul corpo. La vide fermarsi contro la stretta parete di roccia, un dente di gigante che si innalzava proiettando una corta ombra.
- Non ancora... non ancora.
Contro la roccia c'era ora la lucida spada: lui l'aveva abbandonata lì. Stretto intorno all'impugnatura il braccio putrescente dell'ultimo a impugnare Anvinae.
Sì, avrebbe potuto spaccargli il cuore. Il suo potere era grande e contribuiva ad aumentare quello di colei che l'aveva incantata: Nesfia. La sua ingordigia era grande. Quella lama era tanto intrisa di energia da rendere evidente l'identità della strega. Le rune serpentine sulla lama brillavano come se l'acciaio celasse una fiamma inestinguibile. La strega aveva donato un'anima a quella lama, uno spirito dal bacio letale albergava in essa.
Tese il collo per studiare il vento. In meno di un battito di cuore scelse il momento e, distese le ampie ali membranose, spiccò un poderoso balzo.
Compì qualche evoluzione nei pressi del picco dove aveva abbandonato quella pericolosissima spada per accertarsi che nessuno stesse tentando di raggiungerla. Il richiamo di Anvinae era fortissimo. Qualcuno l'avrebbe trovata. Mentre sceglieva una corrente ascensionale adatta, Dokko promise di impedirlo. Finché il fuoco avesse riscaldato il suo cuore, nessun mortale avrebbe impugnato Anvinae.

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