Kem
di Luca Mannurita

Un piede davanti all'altro. Senza perdersi d'animo, raccogliendo le forze, come se da ogni singolo passo dipendesse la sua vita. Era stanca: il fardello sulla schiena sembrava schiacciarla. Ma forse l'avrebbe uccisa prima il fardello che le opprimeva l'animo. Era poetessa e guerriera, aveva fatto voto a Essedrala, dea del canto e della poesia. Apparteneva a una stirpe di combattenti indomabili. Più risaliva il suo albero genealogico, più era facile mettere insieme un battaglione. Un battaglione di antenati dal truce sguardo di rimprovero per ciò che aveva fatto.
- Due volte ti ho ucciso, mio fedele Alarac!
Kem volse gli occhi umidi al cielo grigio. Che importanza hanno le parole se nessuno può ascoltarle? La sua imperizia nell'affrontare le verdi colline, la sua lunga lama serpentina avevano ucciso il suo nobile destriero.
Un piede davanti all'altro, senza fermarsi mai. Giunta sulla cresta lasciò cadere la sella, la sacca, le armi. Udì appena il tonfo ovattato dall'erba già alta: non aveva orecchie per nulla di diverso dallo scalpiccio di zoccoli. Come se il suo Alarac fosse solo rimasto indietro e la stesse per raggiungere, le umide froge alla ricerca della sua pelle, delle sue carezze. Tristemente, si abbandonò seduta avendo cura del suo prezioso liuto lungo.
Folle che sono, si disse pensando alla ripida discesa che l'attendeva. Quelle colline di dolce avevano solo l'aspetto verdeggiante. Viaggiare! Il suo popolo era in pace da tempo ormai. L'ultimo a combattere era stato suo padre, da giovane. Sua madre lo aveva sempre detto che le erano stretti i panni in cui stava cercando di metterla. Irrequieta e ostinata, aveva sempre fatto di testa sua. Divenuta abile nel combattimento e ancor più nelle arti sacre a Essedrala, aveva salutato la sua famiglia e viaggiato lungo i confini del vasto territorio controllato dalla sua gente. Giunta all'estremo sud aveva scoperto nuovi popoli, uomini dalla strana pelle bianca, con lisci capelli gialli come l'oro alcuni, neri come l'inchiostro altri. Dai mercanti aveva imparato la loro lingua, abbastanza per viaggiare. Aveva ascoltato avidamente i racconti di quegli uomini che le narravano di nuovi dèi e nuovi eroi. Voleva sapere tutto di Vorgo il Tiranno, per cantarne le gesta. Doveva pur vivere nuove avventure se voleva comporre nuovi poemi. Ah, com'era certa di tornare in patria ben accetta! L'avrebbero portata di nuovo sugli scudi quando l'avrebbero sentita cantare nuove gesta eroiche!
Attese fino a quando il suo viso fu asciutto dalle lacrime e poi si sollevò in piedi. Davanti a sé un mare verde, ondulato e brumoso. Non sarebbe stata una collina a fermarla. Nemmeno cento. Per quanto ripida e pericolosa, non si sarebbe fatta intimorire da una discesa. Aveva ancora molta strada da fare e, indossate le armi, si caricò del suo bagaglio. Un piede davanti all'altro, si incamminò alla ricerca della strada migliore.

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