Damon Gallagher in “IL BANCHETTO DI DYLAN STERNE”
di Simone Censi

L’avventura che ebbi tempo addietro a Norwich non fu la sola nella quale incontrai i Death Eaters o comunemente detti: mangiamorti.

Il suo nome era Dylan Sterne e rispetto a tutti gli altri mangiamorti aveva una piccola ma non trascurabile particolarità.
Mentre tutti i mangiamorte sanno di essere mangiamorte solo una volta morti, Dylan Sterne per non so quale demoniaco confluire di eventi sapeva già di esserlo.
Tra le tante pazzie che colpiscono l’uomo lui aveva questa strana e disgustosa passione per cibi avariati e poi, passando per corpi di animali in decomposizione, decise che la carne umana andata a male era la ghiottoneria più grande.
De gustibus…..

Diciamo subito che per un Death Eaters non c’è posto migliore al mondo di un cimitero dove trovare anche pregiati pezzi datati.
Dato che a differenza degli altri suoi simili lui era dotato anche di una notevole intelligenza capì subito che la cosa migliore per infilarsi in un cimitero e starci per sempre era quella di fingersi morto e farsi seppellire.
Così fece.
Si organizzò con l’aiuto di altre persone ben pagate, si organizzò il funerale, scelse la posizione migliore per il loculo e a fine cerimonia, alla quale non vi spiegherò il motivo, anche io ero inconsapevole partecipe, lo seppellirono.
La notte seguente il suo funerale Dylan sollevò con fremente agitazione il coperchio della bara.
Lentamente si trascinò fuori muovendo lentamente gli arti intorpiditi.
Dopo un po’ accese un fiammifero e con le mani si avvicinò alla botola che lo separava dal mondo esterno.
Accese un altro fiammifero e d incominciò a spingere la botola.
Cambiò posizione e provò a forzare la botola con entrambe le mani.
Niente. Il servizio cimiteriale aveva da poco sostituito l’incaricato di murare i coperchi dei loculi che per fare bella figura aveva deciso di metterci tanta cura, tanta arte e anche tanto cemento.
Dylan invece aveva fatto i conti con il vecchio Clive che metteva poco cemento e soprattutto era sempre ubriaco.
Dylan aveva trascurato un particolare importante.
Si girò ed incominciò a prendere a calci la botola che rimaneva sempre al suo posto.
La botola non si aprì mai più.

- Apritemi sono vivo! – si sentiva risuonare nel tranquillo cimitero di Georgetown.

Dylan Sterne riprese a picchiare sulla botola a mani nude non curante delle ferite che si procurava.
Preso dal nervosismo incominciò a strapparsi i capelli e mordersi le unghie.
Poi passò pian piano alla pelle intorno alle unghie che incominciarono a sanguinare.
Dylan Sterne attirato come uno squalo dal sapore amaro del sangue incominciò a leccarsi le ferite e ci prese talmente gusto che iniziò direttamente a mordersi le mani.
Il sangue scivolava sugli avambracci man mano che procedeva. Strappava le unghie e mordeva non curante del dolore fino a trovare la resistenza delle ossa e così proseguì a oltranza fino a dove poteva arrivare.
Immaginate la snodabilità di un corpo umano fino a dove può arrivare a mordersi.
Come essere banchettatore e banchettato allo stesso tempo.

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