La Regina Nera
di Fabio Balboni

Avevo disegnato il luogo esatto del palazzo della Regina Nera e gli occhi di Arjen brillarono enigmatici.
No! Mi dissi.
L'angelo mi fissò ed io ebbi paura. Ci consegnò una lancia a due punte, magica. Proveniva dalla capitale dei nani e noi sapevamo cosa farne. Volai sulle spalle di Arjen fino al cospetto dell'essenza maligna. Arjen chiuse un occhio, prese la mira, scaricò tutta la potenza nel lancio.

- Morite per me! –

La voce maligna echeggiava per le miniere dei coal, per i boschi degli elfi, per le città degli umani e per le montagne dei vlucht. La voce della Regina Nera: dominatrice della nostra epoca. Era impossibile ucciderla; molti avevano provato ed erano morti. Neppure le spade elfiche riuscivano a ferirla; la trapassavano senza risultato. Le asce bipenni dei nani avevano provato a mozzarle il capo senza successo. Regnava incontrastata da otto secoli. La vita, per noi creature eterne, significava soffrire: non ci avrebbe salvato nemmeno la morte. Io, minatore e ritrattista, di razza coal, avevo il compito di annotare ogni piccola smorfia della regina nera col carboncino sui miei fogli ingialliti, per la sua vanità.

- Si chiama Zon il nostro Dio -
- Si chiama Sole il vero Dio -
- Alato! Sei solo un presuntuoso -
- Non perdo tempo con te: coal-miniere-ripugnante! –

Arjen apparteneva alla fiera razza degli vlucht e, come tutti loro, odiava essere chiamato alato. In realtà era un tipo gentile e molto sfortunato. I vlucht avevano il compito di sorvegliare la terra dal cielo e di soffocare ogni ribellione: erano guardiani-burattini. Arjen, nato con una sola ala invece di quattro, non poteva volare e lavorava in miniera con noi coal. La sua storia triste, come tutte le nostre, mi faceva pena più di ogni altra. Eravamo amici e nelle pause concesse dibattevamo sull'origine di Dio: Zon o Sole? Erano la stessa Entità e lo sapeva anche lui ma era troppo orgoglioso per ammetterlo.
Mentre parlavamo apparve in miniera, sporco di carbone, un angelo. Il suo sguardo mi rapì ed anche Arjen ne fu ammaliato. Era Zon, lo sapevamo! Fece indossare un'armatura lucente ad Arjen. Sulle spalle sporgevano tre lunghi fili metallici tessuti dagli elfi. Aiutato dalle ali artificiali Arjen volò, per la prima volta in vita sua. I suoi occhi erano colmi di lacrime per la commozione; era un sogno.

La Regina Nera ghignò nel vedere la lancia trapassarle il cuore. Il colpo non era diretto a Lei: tale fu la violenza da frantumarle il corpo nero come fosse un vaso di cristallo. Su nel cielo non vi era più traccia dell astro di Zon (Sole). L'ombra è conseguenza della luce ci suggerì l'angelo. La regina Nera non è morta: ora è piccola parte di noi. Tutti noi abbiamo l'ombra che ci sussurra il male però siamo liberi.

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