Il sogno di un guerriero
di Luigi Brasili

Sigurd avanzò al centro del piazzale, l’elsa della spada stretta nella mano destra, il braccio sinistro che pendeva inerte lungo il fianco.
I frammenti del suo scudo brillavano a tratti in mezzo alla polvere infangata da sangue e sudore.
Il gigante ansimò pesantemente, sforzandosi di tenere aperto l’occhio sinistro, nero e gonfio.
Con un grugnito, alzò la clava ferrata sopra la testa e iniziò a caricare, calpestando i cadaveri che giacevano nella piazza d’armi.
Sigurd osservò per un lungo istante la folla accalcata sugli spalti, non ancora sazia del sangue versato, poi fronteggiò l’avversario.
Quando il gigante calò la mazza, il guerriero biondo scartò di lato e colpì la gamba dell’avversario.
Nel tuffarsi, cadde di peso sulla spalla sinistra, il dolore gli artigliò il petto e la testa, la vista si annebbiò.
Incapace di alzarsi, restò a terra con il volto sprofondato nella polvere, aspettando la fine, come un condannato a morte.
Quelli sulle gradinate urlavano e battevano forte i piedi sulle assi di legno.
Con grande sforzo, Sigurd si costrinse a voltarsi per guardare la morte in faccia: vide solo il cielo azzurro.
Quando finalmente riuscì a sollevarsi, si accorse che il gigante era disteso carponi, quasi immobile; i legamenti di una gamba tranciati di netto dietro il ginocchio, uno spuntone della clava infilato a fondo nel collo.
La folla lo incitò a finire il mostro, i rettili sugli spalti volevano altro sangue, le arpie presero a volteggiare tutto intorno all’arena, impazienti di banchettare con i cadaveri disseminati sul terreno. Sigurd annuì rassegnato; si trascinò fino alla figura enorme e gli piantò la spada dentro l’occhio rosso che lo stava fissando implorante.
Finalmente il guerriero biondo si voltò per raccogliere l’ovazione degli spettatori; sospirò e la sua bocca si contorse in una smorfia: era entrato nell’arena convinto di trovare la morte, invece era sopravvissuto… ma a che prezzo? Per quale vita degna di tale nome? Per combattere, certo, fino a quando non lo avessero preso di nuovo.
Le urla e gli schiamazzi si alzarono di tono, e dopo giunsero i colpi, prima flebili, poi più forti, infine assordanti…

…Sigurd aprì gli occhi e si alzò a fatica dal pagliericcio; la guardia davanti alla porta della segreta gli intimò di avvicinarsi, poi lo accompagnò verso l’uscita sorreggendolo per un braccio ossuto con la mano squamata.
Salì lento sui gradini di legno, sotto gli occhi curiosi della folla assiepata per lo spettacolo; centinaia di orbite gialle lo fissavano bramose.
I lunghi capelli bianchi sventolarono al vento, quando il boia glieli scostò dal collo scarno e rugoso.
Il guerriero rifiutò il cappuccio con un gesto della mano, poi fissò quelli che aspettavano.
Sigurd sorrise, prima di chiudere gli occhi ancora una volta.
Presto, sarebbe tornato a sognare di antiche battaglie, di antiche avventure.
Presto, sarebbe tornato tra la sua gente.

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