Il tempio delle dodici fatiche
di Cristiano Pellizzaro

Eulalia se ne stava immobile al centro del sotterraneo del misterioso tempio appena scoperto, tenendo fra le mani la sottile, fragile, fredda tavoletta impolverata rinvenuta sul brillante pavimento di roccia bianca. La ragazza soffiò via la polvere dall’incisione e prese a leggere mentalmente quello che vi era riportato, quasi avesse timore di farsi sentire anche solamente dalle angeliche statue che ornavano l’abbandonata costruzione. Terminata l’ultima parola, venne travolta venne improvvisamente travolta da una luminosissima nuvola, che quando si fu dissolta lasciò alle sue spalle una corporea figura. Era un uomo. Non molto giovane, ne per così dire anziano, abbastanza muscoloso, con una folta barba bianca e vestito di una candida tunica con ornamenti dorati.
- Benvenuta nel Tempio delle dodici fatiche. – Il sangue gli si gelò nelle vene. Eulalia si girò di scatto con il cuore in gola. La tavoletta le cadde dalle mani frantumandosi in migliaia di pezzi sul pavimento, mentre lei fissava quello strano uomo incapace di muovere un singolo muscolo.
Il vecchio fissò la tavoletta distrutta per alcuni secondi con aria dispiaciuta, dopodiché passò lo sguardo sulla ragazza.
- Fa niente, ne costruirò una nuova. –
- T-tu …c-chi sei? –
- Sono Giove, Signore dell’olimpo, padre di tutti gli dei. –
- C-cosa c-ci fai c-qui? –
- Che domande, sono qui perché tu mi hai invocato. – Disse il Dio guardandola con espressione confusa indicandole i frammenti della tavola sparpagliati per terra.
- Questo è il tempio delle dodici fatiche, dove ogni persona che desidera diventare una divinità può venire per invocarmi ed iniziare il proprio percorso verso l’immortalità. –
- Cos’è uno scherzo forse? Non mi hai per niente impressionata. Ho visto illusionisti compiere trucchi di prestigio più sorprendenti dei tuoi. –
- E secondo te un prestigiatore riuscirebbe a fare questo? – Giove schioccò le dita e istantaneamente i due non si trovavano più all’interno di un semibuio tempio, ma in un luogo che sembrava surreale, ovunque Eulalia posava lo sguardo non vedeva altro che soffici e vaporose nuvole bianche, e davanti a lei un enorme, gigantesco cancello di luce, oltre al quale si stagliava il più imponente ammasso roccioso che i suoi occhi avessero mai visto.
- Cos’è successo al tempio? Dove siamo finiti? –
- Siamo al confine. Oltre quel cancello c’è il divino Monte, dove sulla sua sommità c’è il luogo dove dimoriamo noi dei. –
- Ok, diciamo che ti credo ma… a me non interessa diventare una divinità. Perché dovrei desiderarlo, sto benissimo in questo mondo. –
- Davvero? Non ti piacerebbe fare tutto quello che vuoi senza dover renderne conto a nessuno? Avere tutto quello che vuoi solamente con uno schiocco di dita? Poter influenzare la vita della comune gente mortale? Giocare con loro come se fossero in un videogioco… che noi nell’Olimpo chiamiamo “Fattoria Terrestre”? –
- Ma questo è orribile! …Dove devo firmare? –
- Ah lo sapevo che tu avevi la stoffa per diventare una divinità, ma calma. Devi prima superare le dodici prove divine che ti verranno assegnate. – - Ci sto. -

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