La Quercia
di Giorgio Ottaviani
Si arrestò a riprendere fiato. I raggi del tiepido sole mattutino giocavano con la rugiada sparsa dalla notte sui rami bruni.. Soffici nembi veleggiavano verso nord, a indicargli la via verso il campo di battaglia.
Fu in quella che scorse il piccolo sognatore. Nascosto dietro un larice, i suoi occhi baluginavano ambrati come cristalli di tormalina, tradendo la sua presenza.
Gothan era un guerriero. Il suo cuore non aveva mai pompato sangue nelle vene altro che per tendere i muscoli a colpire il nemico. Nè sentimenti nè sogni nell’anima del combattente. Clangore d’armi, scricchiolio d’ossa sotto gli zoccoli dei cavalli, gemiti di corpi straziati: l’unica musica che eccitasse la sua anima.
Si chiese cosa volesse da lui quell’inutile creatura, incongruo miscuglio di carne, sogni e suggestioni.
Gothan lo apostrofò rude:
“Se cerchi sventura, sei giunto alla meta”.
“Perché mai un potente guerriero dovrebbe minacciare un piccolo sognatore?”
“Perché la tua specie è come il loglio: infesta questa terra senza essere d’alcuna utilità. Vivete di sogni e li confondete con la realtà. Null’altro”
“Più della forza d’un guerriero può l’incantesimo di un sogno, mio signore”. La voce della creatura aveva il suono argentino d’un torrente.
La mano di Gothan serrò l’elsa. Il volto si rabbuiò
“Credi che i tuoi sogni stolti possano proteggere i confini più del filo di questa spada?”
Gli occhi del piccolo sognatore fissarono stupiti il guerriero.
“Credo soltanto che tu non abbia mai conosciuto il potere del sogno”.
Con un agile balzo si portò su un ramo del larice. I suoi occhi, del caldo colore del miele, fissavano quelli del guerriero.
“Credo che tu non sappia cosa voglia dire sognare d’essere foglia o nube o scoiattolo o pettirosso... e sentirsi tale”
“E quale utilità si può trarre dall’ingannare il proprio cuore sognando d’essere quel che non si è?”
“Nessun inganno mio signore. Io posso trasformare i miei sogni in realtà, ma non potrò mai sognare d’essere scoiattolo se nell’intimo del cuore sono lupo. Ma forse tu parli d’inganno perché temi il sogno.”
Lo sguardo di Gothan si indurì come selce dai bordi taglienti.
“Il mio cuore non conosce paure”. La voce era un tuono rabbioso. Gli occhi del piccolo sognatore erano immobili su quelli del guerriero.
Gothan vide se stesso roteare la mazza ferrata a far scempio dei nemici fra cadaveri e corpi straziati simili a papaveri tra l’erba. Lui forte, possente, alla guida degli armati. Si sentì coraggioso come una fiera. Solido come una quercia secolare che sfida la pioggia e il vento.
Fu allora che avvertì i muscoli divenire legnosi e le gambe (fisse) sul terreno. Il torace possente un poderoso tronco e tutto il suo essere trasformarsi in quercia secolare.
La chiamano quercia di Gothan. Potete vederla ancora passando di là e potrete scorgere uno scoiattolo o un pettirosso fra i suoi rami. Ma nessuno ha mai visto un lupo in agguato dietro il suo tronco.
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