Ironia della Sorte
di Alberto Vittori

Ralph Waldo Emerson era un giovane ambizioso alchimista che sognava di diventare famoso, voleva creare la pietra filosofale scoprendo il segreto dell’immortalità e godersi il meritato successo in eterno. Sino ad allora era riuscito a fare soltanto una pietra pomice, non era certo eclatante, ma i suoi piedi ne avrebbero tratto giovamento. Apo era il suo servizievole kender con una scarsa considerazione della proprietà altrui, motivo per il quale era costretto ad indossare soltanto un giustacuore privo di tasche.

L’alchimista era convinto che per porre un fermo alla morte dovesse consultare chi ci combatteva ogni giorno e così decise di recarsi dai dottori di città. La cosa si stava dimostrando infruttuosa, ma durante l’ennesima attesa in una spoglia sala d’aspetto ebbe il colpo di genio…
‘Il sorriso era la chiave!’, tutti gli ammalati avevano un’espressione triste e svogliata, ma chi ride sta bene, la gente allegra invecchia meno e poi non aveva mai visto qualcuno col sorriso sulle labbra morire. Corse al laboratorio, disse che non voleva essere disturbato per nessun motivo, chiuse l’uscio, tirò il chiavistello e si mise al lavoro.

Il giorno seguente la porta si aprì cigolando, apparve Waldo con il volto emaciato.
“Ce l’ho fatta!” – disse quasi sibilando.
Stomp!
Ora era steso a terra che ronfava copiosamente, stringendo un paio di guanti fra le mani.
Aveva creato la sua pietra filosofale, “gli esilaguanti”. Se indossati per fare il solletico avrebbero indotto la persona bersaglio di quel gesto a una risata interminabile, prolungandone in eterno l’esistenza.

Certo non poteva farsi il solletico da solo, allora infilò i guanti al kender e alzò le braccia. Apo cominciò col solletico alle ascelle…niente
ai fianchi…niente
ai piedi…niente
Si fermò e con espressione rassegnata scosse la testa. L’alchimista era dubbioso, ma poi capì… si buttò per terra e prese a pugni il pavimento inveendo. Waldo, ironia della sorte, non soffriva il solletico. La strada che conduceva all’immortalità gli era preclusa, ci era andato così vicino e l’unica cosa che poteva fare ora era indicare la via ad altri.

Infilò tristemente gli esilaguanti, cominciò a solleticare l’assistente che abbozzò un breve risolino in crescendo, fino a scoppiare in una risata fragorosa. L’ilarità proseguì sino a spossarlo, non mangiava, non dormiva, rideva soltanto, finché…
Stomp!
Il kender era morto. Vederlo lì disteso fece riflettere Waldo, quella sorte poteva toccare a lui, ma quegli occhi chiusi aprirono i suoi. Proseguendo su quella strada avrebbe fatto la fine del suo maestro, dei suoi colleghi alchimisti, passando la vita solo, in una stanza buia, sino a quando sarebbe stato vittima di un esperimento troppo azzardato. No, non sarebbe andata così.

Il sacrificio del kender non era stato vano, gli aveva fatto comprendere una cosa ancor più importante della pietra filosofale e di qualsiasi altra alchimia. Gettò gli esilaguanti nella stufa accesa e rivolse un triste sorriso ad Apo. Senza prendere nulla con sé uscì per strada. Ralph Waldo Emerson s’incamminò verso la sua nuova vita.

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