Alla Casa del Sole Nascente
di Giorgio Burello

La ruvida divisa del comandante della Guarnigione Cittadina giaceva a terra, vicino al letto di ebano intarsiato, al catino e alla brocca di ceramica.
Gord era alla finestra, i gomiti appoggiati al davanzale e la schiena coperta da un sottile velo di sudore. Il tramonto incendiava la laguna, oltre i moli e le vele colorate. Una donna, al piano inferiore, offriva il seno prosperoso allo sguardo divertito dei passanti. Gord fece un rapido cenno con la mano a uno di loro, che rispose annuendo.
– Li hai uccisi tu – esclamò poi, lo sguardo rivolto al mare. Le ombre delle torri si allungavano sui tetti, incrociando le linee sconnesse delle tegole e dei vicoli.
Taar, distesa sulle lenzuola verdi, non disse nulla. Era nuda, come lui, ed era meravigliosa. Un sogno di carne, un morbido delirio da cui la mente dell’uomo faticava a distaccarsi.
– Il borgomastro – recitò Gord, cercando di concentrarsi – Il metropolita Assab. Il Provveditore di Terra. Due nobili del Consiglio Alto. Il cancelliere della Gilda degli Speziali. Devo continuare?
L’elfa rimase in silenzio. Gord la fissò cercando una reazione, poi, riluttante, tornò a contemplare i canali e le strade di Klystra.
Taar incrociò le braccia dietro la testa, stiracchiandosi maliziosa come una gatta.
L’uomo chiuse gli occhi. Doveva resistere, ma era un’impresa. L’odore di lei permeava la stanza, lo stordiva, prometteva vette di beatitudine non ancora raggiunte.
Gord respirò a fondo e si allontanò dalla finestra, sedendosi sul letto:
– Erano clienti di riguardo. Di quelli che non entrano dall’ingresso principale. Clienti con gusti particolari. Gusti pericolosi. Taar sorrise. Era bella come il peccato: occhi viola, la pelle come velluto color dell’erba, una peluria dorata e quasi invisibile che sembrava luccicare.
– Sai come si dice, no? – disse lei – Un giorno d’inferno per ogni ora di piacere.
A Gord parve di avvertire i primi crampi al ventre, ma era solo un’impressione:
– Lo so. Prima l’estasi. Poi un dolore così forte da desiderare la morte. Gli elfi sono velenosi per gli uomini. Ma non si muore solo per aver fatto l’amore con te. Ci vuole qualcos’altro.
Indicò il tavolino accanto al letto:
– Quell’ampolla. L’hai fatta bere a tutti, dopo. Siero di manticora. Insieme ai tuoi umori è una miscela letale.
Oltre la porta giunse il rumore di passi, tre o quattro persone almeno.
– Dimmi solo perché, Taar – le chiese.
L’elfa continuò a sorridere. La scintilla dentro ai suoi occhi, però, si spense. E ciò che la sostituì fece rabbrividire Gord.
– Mi piace – sibilò Taar – Mi piace sapere che urlano il mio nome mentre si contorcono come vermi, in preda agli spasmi.
Gli gettò le braccia attorno al collo e lo attirò a sé, con forza, facendolo affogare nelle sue iridi screziate d’argento:
– Non ci può essere nessun’altra, dopo di me.
L’uomo annuì, ma la spinse con violenza sul letto e si rialzò di scatto, aprendo la porta della camera e facendo entrare le guardie in attesa.
– Hai ragione – le disse ansimando – Mai più elfe qui. Il boia ti attende.

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