Il dono della Grande Dea
di Alessia Martino

Tarja non era solita uscire dal tempio dopo il calar del sole. Quella notte però si era svegliata in preda a un sogno che ancora le palpitava nella mente: aveva visto un maestoso drago solcare il cielo, per poi sparire nel profondo della foresta, veloce e luminoso come una stella cadente.
Doveva andare.
Era come un pensiero di sottofondo, non lo sentiva distintamente, ma sapeva che c'era; era il richiamo della Grande Dea, le aveva parlato attraverso la visione della sua sacra creatura. E lei, una sacerdotessa, non poteva e non voleva essere sorda a quel richiamo.
Ogni passo che muoveva era dettato dal suo destino, lo sapeva. E anche la foresta sembrava saperlo; per lei, la vegetazione si era diradata per permetterle di passare, gli alberi avevano messo da parte dal sentiero le loro nodose radici, le piccole creature alate illuminavano il suo cammino, rincorrendosi fra le chiome che impedivano il passaggio della luce lunare.
Era emozionata e, allo stesso tempo, provava una grande serenità. Sapeva che, dopo quella notte, non sarebbe stata più la stessa.
Si sentiva parte della foresta, ne poteva udire e comprendere le voci; il solo rumore che turbava quell'equilibrio perfetto era il battito del suo cuore eccitato. E, ora che si addentrava sempre di più, era un delicato rumore d'acqua che proveniva dal fitto muro di vegetazione davanti a lei.
Dietro esso, si estendeva una piccola radura.
La luna era alta, benevola. Illuminava un lago che emanava una lattiginosa luce, mentre un ruscelletto si riversava zampillando in esso.
Tarja non ebbe il tempo di stupirsi per quell'immagine onirica, perché presto comparve sotto i suoi occhi l'essere più bello che avesse mai visto.
Uscì dal lago, coperto solo da un lungo telo bianco legato alla cintola. I suoi capelli color del fuoco lambivano la massiccia schiena dalla pelle scura, cadevano ribelli lungo un viso illuminato da straordinari occhi dorati, grandi, assoluti.
La sacerdotessa sussultò nel momento in cui si rese conto che quell'uomo straordinario stava avvicinandosi a lei. Le sorrideva, e i suoi occhi parevano ancora più luminosi. Adesso che era di fronte a lei, Tarja si rese conto di come lui la sovrastasse tanto in altezza, e provò come un senso di pudico rispetto. Non resse il suo sguardo, e finì col cadere in ginocchio, sopraffatta da emozioni che non riusciva a comprendere.
L'uomo si chinò di fronte a lei, e prese dolcemente il suo viso tra le mani.
“Grazie per essere venuta”.
Tarja si sentì esplodere dentro tutta la passione, la vita, l'energia del mondo.

Si risvegliò sull'erba, coperta da quello stesso telo bianco. Dal riflesso del cielo sul lago, Tarja realizzò che fosse quasi l'alba.
Il cielo si illuminò improvvisamente di una luce immensa, e un essere alato del colore del sole si librò in aria, veloce e leggero.
Lo vide così distintamente che poté notare la lunga criniera rossa che correva per tutta la sua schiena.
Tarja sorrise, e si sfiorò il ventre, benedetto dalla Grande Dea.

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