L'Ultimo Druido
di Eliogabalo Pierangela

Maledetti Romani!
Arrivano, posso già udire le loro odiate voci, i tamburi.
Abbattono tutto ciò che incontrano, incendiano, inquinano le sacre fonti. E noi che credevamo di essere al sicuro, a Mona, di poter continuare ad onorare le sacre fronde, le fonti dall’acqua gelida e tersa...
Io vivo ai margini del Bosco Sacro, con la mia gente, un popolo di agricoltori e pastori che sanno essere guerrieri! Ma per difendere ciò che è nostro. La nostra terra! I nostri amati boschi! So che altrove le querce sacre sono state abbattute per fare palizzate dei campi dei Romani, le fonti e le polle utilizzate per sciacquare sangue e polvere dalle armature.
Quanto poco capiscono della natura! Come non comprendere che dipendiamo da essa, dalla pioggia e dalla neve, dal sole e dal bosco?
Da secoli i Druidi proteggono gli alberi, affondano le loro radici nella terra generosa e spargono le chiome nell’aria e nel sole, congiungendosi con il cielo sempiterno. Dicono che noi Druidi facciamo sacrifici umani, ci chiamano barbari.
Bugiardi!
E loro? I civilissimi Romani che godono del massacro nell’arena di donne e bambini?
Come li chiamerà la storia?
I miei valorosi figli hanno sacrificato la loro vita, offerta agli Dei, perché proteggano la nostra gente, la nostra patria, perché possiamo vivere secondo natura, giovandoci di ciò che Madre Terra offre, e noi diamo ad essa le nostre braccia e il nostro cuore.
Purtroppo Svetonio Paolino è al comando. Che ne sarà della Grande Quercia Prasut? L’abbatterà, la brucerà: con essa finirà sul rogo la nostra storia, la nostra vita e la nostra religione.
Non posso impedirglielo. Sono rimasto solo io e sono tanto vecchio. Non ho armi da opporre, né l’hanno i miei figli. Non ho altro da dare che la mia vita. Se gli dei vorranno accettarla in cambio della protezione alla mia gente.
Li sento giungere come una mandria di cinghiali impazziti….devo fare presto. La Quercia Sacra prenderà la mia vita, le offrirò tutto il mio sangue…ma ….Oh Dei!….. date in cambio, la speranza di una rinascita del mio popolo. Sacre Piante e Divine acque, lo giuro: sarò vostro per sempre, ma date un segno alla mia terra, ai miei figli…che possano capire che c’è sempre vita oltre la morte.
Svetonio Paolino entrò da conquistatore, torturò, uccise, violò. Bruciò case, abbattè alberi, razziò bestiame, secondo lo schema del vincitore romano. Si addentrò nella foresta, per scovare i druidi, senza trovarli. Furibondo avanzò nel bosco, facendosi largo con la pesante daga, calpestando il sacro suolo con gli stivali chiodati, ma non trovò nulla.
Eppure se avesse guardato meglio, se avesse saputo guardare e capire, avrebbe visto che, poco lontano dalla gigantesca quercia abbattuta, vi era un giovane ed esile virgulto di frassino: appena spuntato, ma destinato a divenire un grande e forte albero, dalle profonde radici e dalle chiome ondeggianti. Legato all’esile tronco una bianca benda di lino, tanto simile a quella che l’ultimo druido, come tutti i druidi, recava sulla rugosa fronte.
Una speranza di nuova vita.

Commenta questo racconto