Piccole orme di vita
di Gloria Venturini
Il Pensiero si fermò.
Nemmeno una traccia di sogno, un brandello di illusione al quale aggrapparsi.
La corsa era finita, ora aveva una sola cosa da fare: affrontare la realtà.
Per anni si era crogiolato con la sua fervida fantasia verso orizzonti illimitati.
Si era sempre comportato bene, andava al lavoro tutte le sacrosante mattine, aveva pensato costantemente al mantenimento della propria famiglia. Pagava le bollette puntualmente, faceva la spesa grossa una volta alla settimana. Il suo unico hobby era la lettura, adorava leggere a tarda sera. Insomma era proprio una brava persona, si sacrificava per amore della famiglia ed era ligio al lavoro.
Dopo essersi piazzato per tanti anni all’ultimo posto della sua scala delle priorità, gli capitò di ammalarsi, così, di punto in bianco.
Le orme del suo futuro erano scomparse e non vedeva speranze.
Quando alzava gli occhi al cielo scorgeva solo un pezzo d’azzurro circoscritto dall’oggi, ma in tasca nessun spicciolo del domani. Non riusciva nemmeno a pensare a tutte le cose che aveva avuto in mente di fare e che ora, molto probabilmente, non avrebbe realizzato.
Il Pensiero era in un totale stato di confusione, le poche certezze accumulate con gli anni gli erano crollate addosso.
Il poi era un vocabolo che aveva tolto dal dizionario. Aveva dedicato tutta la sua vita alla famiglia ed al lavoro, ed ora si era accorto di non aver vissuto abbastanza.
Il treno si era fermato ad una stazione dove il tempo era bloccato in un presente opprimente. La malattia era un evento che lo aveva colto alla sprovvista e che non riusciva a gestire.
Alla sera studiava trattati di medicina, ma il suo corpo si stava lentamente sciogliendo, come un’aspirina nell’acqua.
Si affidò completamente alle cure dei medici, con la speranza di poter vivere dignitosamente e senza sofferenza il tempo che gli restava.
Così lentamente il treno della vita ricominciò la corsa lungo il binario del destino, senza luoghi lungimiranti da raggiungere, ma percorrendo il tragitto delle sue giornate sino alla stazione della sera, e così via, giorno dopo giorno.
Quando guardava l’azzurro del mattino, sentiva il profumo della vita, tutto sbocciava di nuovi respiri. Il sole illuminava il mondo da secoli e secoli e lui non era altro che una minuscola parte di questo immenso che avvolge l’umanità intera.
Così microcosmo nell’universo viveva con una luce diversa nel cuore.
Certo, aveva paura dell’abbraccio della fine e dell’oblio della sofferenza, ma si era cautamente imposta una certezza nell’anima che lo lasciava quasi soddisfatto, che lo rasserenava e gli riempiva i buchi delle sofferenze.
Il Pensiero aveva avuto molti sogni nel cassetto, l’unico che aveva confidato alla luna e che si era avverato, era stato i suoi figli.
Sapeva che una parte di lui avrebbe continuato a vivere in loro e che questo era in fondo il senso del destino.
Ecco che là, dove prima l’impronta non c’era, ora c’erano piccole orme che s’inoltravano nella luce della misteriosa e meravigliosa avventura che è la vita.
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