L'Ospedale delle bambole
di Lavinia Petti
Il negozio sorgeva accanto allo speziale, talmente piccolo che solo chi entrava poteva essere certo della sua esistenza. Ma le bambine riuscivano sempre a vederlo. Era una calamita per loro, che puntavano i nasini contro la vetrina, così forte che sembrava volessero attraversarla. Da lì, occhietti di ogni colore spiavano le strade lattiginose, con un’espressione che solo un bambino avrebbe trovato incantevole invece che inquietante: c’era più di semplice vita negli sguardi delle bambole. C’era voglia di vita.
Il giorno in cui la mamma portò Madeleine all’Ospedale delle Bambole fu senza dubbio il più felice della sua esistenza. Il cuore della bambina correva nel petto per la gioia, come un cagnolino che scalpita in un prato.
Quando fu entrata, il cigolio delle carrozze sulle strade si fece lontano, irraggiungibile.
La mamma raggiunse ansiosa il bottegaio. Era un uomo anziano, nascosto dietro occhiali di corno. Assunse un fare grave quando la donna iniziò a parlargli fitto.
Madeleine percepì parole conosciute (tubercolosi, tempo, speranza), mentre si godeva le meraviglie circostanti.
“E’ un magnifico cimitero.” mormorò.
“Cimitero?!”
La bambina sobbalzò impaurita. Un apprendista, seduto sulla seggiola, rifiniva col pennellino le sopracciglia di una bambola.
“Queste bambole non sono vive.”
“Ma non sono nemmeno morte. Ti sembra morta?” l’apprendista le mostrò la bambola su cui lavorava. Madelaine scosse la testa. “Loro hanno un’anima.”
“Com’è possibile?”
“Gliela dà lui.” l’apprendista accennò al bottegaio. “Ha girato il mondo, e uno stregone delle Indie gl’insegnò un incantesimo per rinchiudere l’anima di un’aquila nel corpo di un uomo. D’allora ha fatto esperimenti, ha scoperto che funziona per tutte le cose allo stesso modo. In fondo la sostanza dell’anima è unica per tutti.”
Madeleine riprese a guardarsi intorno: le bambole erano così numerose che se distoglieva per un attimo lo sguardo e poi lo riposava sullo stesso punto aveva la sensazione che ne fossero apparse delle altre.
“Sono birichine.” ridacchiò. Ma rise troppo forte e iniziò a tossire.
L’apprendista le porse un fazzoletto. Madeleine lo macchiò di sangue.
“Starai meglio.” le promise.
In quel momento il campanello emise un suono sinistro. Entrò una signora, il volto gonfio e rosso di lacrime.
Quando s’accorse di quella presenza, il bottegaio accomiatò distrattamente la mamma di Madeleine e sparì oltre una porta sul retro.
“E’ qui per la sua bambina.” le rivelò l’apprendista. “Aveva la febbre spagnola.”
Madelaine rimase agghiacciata.
Improvvisamente il bottegaio riapparve con un’inquietante bambola dai capelli rossi e gli occhi verdi, che sembrava fremergli fra le mani.
La signora pianse quando poté stringerla.
“Come nuova, dopo una settimana.” assicurò l’uomo sogghignando. “Così resterà con lei per sempre.”
La donna lo abbracciò con sconfinata gratitudine. L’attimo dopo scomparve esaltata oltre l’uscio.
Allora il bottegaio si ricordò di Madelaine e la esaminò. Coi suoi occhi scrupolosi sembrava un critico che valuta una piccola opera.
“Capelli biondi, occhi scuri, incarnato pallido. Eccellente.”
Il bottegaio prese Madelaine per mano e la guidò verso la porta misteriosa. Ma prima che svanissero, l’uomo guardò la mamma singhiozzante.
“Ritorni fra una settimana, signora. Sarà come nuova.”
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