Un re vittorioso
di Gabriele Zanvercelli
Allungò la mano scostandole i capelli dalla fronte, delicatamente. La grande sala del trono era deserta, i festeggiamenti non erano ancora iniziati, anche se poteva sentire i suoi guerrieri inneggiare alla vittoria, ubriachi di vino e di vita.
Ricordò quando all’alba aveva dato il segnale dell’ attacco. Si era mosso alla testa delle truppe, impugnando ascia e spada, come se fossero doni per la sua amata. Era andato verso di lei, incurante di chi gli sbarrava il passo. Le guardie lo seguivano proteggendogli i fianchi, stupiti dal suo coraggio e orgogliosi del suo valore. Quel giorno nessuno poteva fermarlo. La nera armatura si coprì del sangue dei nemici che uccideva. Le sue armi intonavano un canto di morte, ed il suo cuore era pieno d’ira e d’amore. Improvvisamente la vide, regina guerriera nell’impeto della battaglia. Gridò il suo nome e si spinse in avanti con rinnovato furore. Lei si girò, uccise un possente annurko dalle fattezze bestiali, trafisse un uomo del sud e si trovò di fronte al nero guerriero che la reclamava.
Attorno a loro la furia della lotta si placò, nell’ attesa di un vincitore.
Un colpo di mazza le aveva strappato l’elmo ed il sangue le rigava la fronte, rosso come le sue labbra. Ancora una volta fu colpito dalla sua bellezza, ma si riscosse e si tolse il cimiero, rivelandole il volto. Lei gli parlò, rabbiosamente: “Che tu sia maledetto. Ti ucciderò come un cane per quello che hai fatto!”. La guardò con rimpianto: ”Te lo avevo promesso, ricordi? Ti avevo detto che avrei attraversato un esercito nemico per averti”. “Allora dicevi di amarmi” fu l’amara risposta “Ma oggi è l’odio che ti ha portato da me.”. “Amore e odio sono le facce di una stessa moneta.” le disse sorridendo “Quando ti ho vista per la prima volta ho capito che il fato ci aveva legati. Non possiamo sfuggire al nostro destino.”.
Lei rispose attaccandolo, armata di spada e daga, e di una furia accecante.
Ora la battaglia era finita e si trovavano in quella sala dove si era seduta, regina orgogliosa, sul trono dei suoi avi. Guardò il suo volto, ripulito dal sangue, incorniciato dai lunghi e neri capelli, arrogante e fiero anche in quel momento. Capì che l’amava ancora, che l’avrebbe amata per sempre. Sentì qualcosa scorrergli lungo la guancia, si toccò il viso e si accorse che stava piangendo.
Per un momento il dolore fu così intenso che gli mozzò il respiro, poi si ricompose, asciugandosi gli occhi.
Tra poco le porte della sala si sarebbero aperte ed i suoi sudditi avrebbero visto un re vittorioso. Seduto sul trono che era appartenuto alla donna la cui testa giaceva accanto ai suoi piedi.

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