La Tigre
di Federico Grimaldi

Steso qui, a pancia sotto avvolto nell’oscurità che mi circonda, riesco ad intravedere appena il muro davanti a me. Sono mattoni grigi, incrostati da muffa e sporco. La calce fra di essi è appena visibile, ormai.
Mi fa male la testa: porto una mano all’altezza della nuca, e sento che è bagnato. Mi annuso le dita. E’ sangue, non c’è dubbio, e appena me ne rendo conto una scarica di adrenalina mi si riversa dentro. Il mio battito aumenta, i miei muscoli si contraggono, e un alone di aggressività mi annebbia la vista, così che fare mente locale diventa un po’ più difficile. Dove sono? Cosa ci faccio qui? Mi ci vuole un po’ per diradare questa confusione, ma lentamente inizio a ricordare. Sono stato ingaggiato. Per cosa? Recuperare documenti. Dove? Nella torre di un mago, o almeno dove un tempo viveva un mago. Perché? Perché ci sono informazioni. Informazioni importanti, per me, e per la gilda di cui faccio parte.
Bene, e cosa è successo? Ora sono al secondo…no. Al terzo piano, l’ultimo piano, quello più alto della torre, e qualcosa mi ha aggredito. Io sono saltato, e ho sbattuto la testa. Non ricordo altro.
Mi guardo attorno, un po’ più attentamente, ed inizio a muovere, cauto, qualche passo. E’ un salone ampio, dispersivo, illuminato giusto da sporadici raggi di sole che filtrano da finestre serrate e crepe fra le mura. L’unico rumore è quello dei miei passi, e del respiro che accompagna il dilatarsi e il distendersi dei miei polmoni.
So che il pericolo è in agguato. Qualunque cosa mi abbia aggredito prima probabilmente è ancora nei paraggi, e io calo la mano sull’elsa della mia spada. Il contatto con l’acciaio mi da sicurezza, e scaccia quel vago sentore di vulnerabilità che ho da quando ho ripreso conoscenza. Eppure è come se mancasse ancora qualcosa, e continuo a camminare qualche metro prima di rendermi conto di non avere nulla sulla testa, di aver perso il mio elmo durante la precedente colluttazione.
La prima cosa che faccio è quindi quella di guardarmi attorno, cercando con lo sguardo per terra e attorno a me, ma non trovo nulla. Torno allora indietro, dove sono rinvenuto, con la speranza che sia li, ma nulla.
Il mio sguardo è ancora rivolto al pavimento quando sento un rumore alle mie spalle. Mi giro, e da un alone di oscurità a pochi metri da me si fa strada, ringhiando, una tigre.
Una tigre, in una torre. L’assurdità di quella visione mi paralizza, e ci vogliono alcuni istanti prima che ricordi che qui un tempo abitava un mago. Che qui avrei potuto trovare di tutto. E allora sfodero la mia spada, ma è già troppo tardi. Lei mi salta addosso, e io cado sotto il suo peso in un gemito di sorpresa e dolore. E prima che possa fare qualcosa, si è avventata sulla mia gola, e in pochi secondi sono morto.
Si. Sono morto.
E ora è rimasta solo lei.
Una tigre, in una torre.

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