L'Oceano Dentro
di Alessandro Galluzzo

C'era il mare, e c'era lui, in perenne attesa sulla sabbia.
La litania dell'oceano ispirava incessante un bagliore di malinconia nei suoi vitrei occhi neri, mentre l'arso cielo di un tramonto sgombro di nubi andava spirando nell'orizzonte, lasciando il posto ad una mareggiata di stelle.

Inerme, il fragore delle onde portò con sé i ricordi di una vita lontana, sfilata via troppo in fretta per afferrarne il senso: era stato là, sui verdi campi di una battaglia campale, giostrata con tenacia e fortuna di scontro in scontro. Stretto nella sua invisibile armatura di fiducia, aveva tolto la vita a creature simili a lui, come lo sono il cielo e la terra: divisi da una linea, speculari nella sorte. Sopravvisse solo per assistere alla fine di un'era e all'inizio di un'altra: il suo nome, evocato con entusiasmo dalle folle di tutto il regno, venne dimenticato col tempo, preso dalla morsa ancestrale dell'oblio.

Soffiò del vento, e lui, ancora, attendeva fra i granelli.

Ricordò il canto della sua amata Pinata, il suo grazioso sorriso ispirato dal suono melodioso di un'aria ascoltata altrove, colma di parole lievi e di ineluttabile malinconia. Avrebbe desiderato rimanere lì per sempre, sospeso in un pomeriggio di dolorosa perfezione, perso in quella femminea figura e nella sua effimera promessa di eternità, ma non era possibile, ed il nome di lei scivolò di peso nel baratro della dimenticanza, trascinandovi la sua stessa vita.

L'alba arrivò senza annunciarsi: un labrador annusava l'aria, per poi correre a perdifiato per la spiaggia, nubi giunsero a minacciare pioggia, e lui, fermo, non poteva che attendere, aggrappandosi all'esile, stupida promessa di un padrone a cui aveva dato tutto.

Un bambino di sette anni, di cui essere custode e compagno.
Avevano giocato insieme, dormito nello stesso letto, fatto gli stessi sogni. Fino a quel giorno senza tempo: la spiaggia, la memoria evanescente d'un bimbo, la noncuranza dei genitori. Senza importanza, senza nessuno a ricordare il suo nome, divenne un niente. Un nulla aggrappato ai sogni di un mondo lontano, di cui non faceva più parte, un logoro paria abbandonato all'entropia, saturo di mare e di ricordi.

Un orso di peluche, in una spiaggia silenziosa...
...Di cui nessuno, nemmeno il mare, avrebbe serbato il ricordo.

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