Un vero eroe
di Andrea Angiolino
Quando entrarono in città, stanchi e impolverati ma con un'inconsueta fierezza nello sguardo, anche i bambini capirono che non erano viaggiatori qualunque: elfi, nani, maghi e sacerdotesse si accompagnano raramente tra loro.
I Quattro non conoscevano il posto: dovettero chiedere dove fosse Palazzo Ducale, ma non sembravano abbacinati da edifici e monumenti.
Si vedeva che erano esperti del mondo: di città come quella non ce n'erano altre, nelle Lande del Sud.

Un'ora dopo, già tutti sapevano che dal Kalahaar muovevano orde mostruose.
L'esercito si mobilitò. Nelle settimane successive la gente si abituò a vedere i Quattro, benché senza insegne, tra ufficiali e dignitari.
Infine le truppe uscirono dalla Porta Meridionale, il Giovane Duca in testa e i Quattro poco distanti. Sparirono presto alla vista dei curiosi assiepati lungo la strada, alle finestre, fin sugli spalti delle mura solitamente riservati a ronde e sentinelle.

Seguirono mesi di battaglie. I messaggeri raccontavano vittorie campali, imboscate, incursioni negli accampamenti. Resistenza a ogni valico, fiume, foresta. Il nemico era numerosissimo: sconfitto e decimato, avanzava però inarrestabile. Lo guidava Gharal, un cavaliere alto un uomo e mezzo, rivestito di metallo opaco e dal mantello viola.
Il Duca Padre era rimasto in città a organizzare i rifornimenti e fitte trattative per convincere popoli riluttanti e litigiosi che la civiltà era in pericolo e suo figlio poteva salvarla. Da tutte le Terre Libere giunsero drappelli diretti a meridione: uomini dalle uniformi variopinte, elfi vestiti di verde, marinai con la pelle cotta dal sole, gnomi piccoli e veloci in sella a cinghiali, perfino un reggimento di misteriose amazzoni.

Un giorno l'esercito tornò in città e apprestò la difesa. Il nemico giunse in vista. Tormentato da catapulte e scorrerie, abbatté alberi e predispose scale, arieti e torri.
La sesta mattina attaccò. Gharal trascinava all'assalto orchi e troll:
tempestati di frecce e olio bollente raggiunsero le mura. Lanciarono rampini e appoggiarono scale che i difensori cercarono di rigettare.
Il Giovane Duca era sugli spalti, i Quattro poco più in là. Avanzarono torri d'assedio che le frecce incendiarie non fermarono: Gharal fu il primo a balzarne giù. Il giovane Duca gli fu subito addosso: la battaglia quasi si congelò attendendo l'esito del duello.
Per lunghi minuti nessuno sembrò prevalere. Poi un fendente abbatté il Duca al suolo. Gharal sollevò lo spadone per finirlo.
L'elfo fece per scoccare una freccia. Il mago lo fermò con un gesto, il dardo partì ugualmente. Nessuno lo vide arrivare. Nessuno notò che il sangue schizzò dalla gola del cavaliere prima che la spada del Duca, alzata a stento, lo colpisse.
Gharal precipitò nel fossato. L'orda nemica vacillò. Soldati di tutte le Terre Libere caricarono urlando e la ricacciarono, poi portarono in trionfo il Giovane Duca.

"Perché hai reso la freccia invisibile?", chiese l'elfo al mago nei loro quartieri.
"Non dovevi ucciderlo tu, ma lui."
"Che differenza fa?"
"Forse il nemico tornerà, un giorno. Le Terre Libere sono deboli e
divise: occorre un vero eroe." Dalla finestra si udiva un cantastorie.
Scesero in piazza per ascoltarlo meglio.

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