La pietra del comando
di Fabio Pontelli

Si avvicinò a grandi passi. Il rumore degli stivali a rimbombare in modo sgradevole sulle pareti della sala del trono; il viso deturpato dalla cicatrice sulla guancia destra a esibire un ghigno ancor più sgradevole.
<<E adesso, Londar, cosa intendi fare?>>
Il sovrano lanciò un'occhiata alle donne e ai bambini che riempivano la vasta sala, minacciati dai mercenari agli ordini di quel mezz'elfo. Gli uomini attendevano fuori, nella piazza antistante il palazzo, sperando che lui potesse salvare i loro cari dalla malvagità di quei soldati.
Erano giunti all'improvviso, senza dar loro il tempo di reagire. Si erano intrufolati nel palazzo e avevano preso in ostaggio sua moglie, i suoi figli e i suoi servi. Poi avevano rastrellato tutte le case della capitale e avevano radunato lì le donne e i bambini.
<<Prendi il mio regno, ma lascia andare queste persone.>>
Evurt scoppiò a ridere. <<Ah, ah! Il tuo regno? No, Londar, non è per avere il tuo insignificante regno che mi sono spinto fin qua.>>
<<E allora cosa vuoi?>>
<<Mi accontenterò della pietra che porti al collo.>>
<<E cosa te ne faresti di questa piccola pietra? Non ha un grande valore.>>
<<Ma ha un grande potere. Un potere che per secoli ha protetto questo regno da ogni nemico.>>
Londar guardò le donne e i bambini minacciati dalle spade dei soldati. Non c'era alcuna paura, in quegli occhi. Contavano su di lui; erano sicuri che lui li avrebbe salvati. Ma quel mezz'elfo...
<<E cosa mi garantisce che, una volta avuta la pietra, non ucciderai queste persone?>>
Evurt si massaggiò il mento con fare pensoso. <<Facciamo così>> disse. <<Tra cinque minuti farò uccidere quella donna e i suoi due bambini. E poi continuerò a far uccidere una donna e un bambino ogni minuto, finché in questa stanza non ci saranno altro che cadaveri.>>
Londar contrasse la mascella e si strappò il ciondolo dal collo, con rabbia. Guardò la pietra che aveva protetto la sua gente per generazioni. Guardò la pietra del comando e poi il ghigno avido di potere dipinto sul volto di Evurt. E in quel momento capì cosa doveva fare.
Strinse la mano a pugno e scaraventò la pietra a terra con tutta la forza che aveva, spezzandola. Udì il “no!” urlato da Evurt, lo guardò estrarre la spada e trapassarlo da parte a parte. Sorrise.
<<Troppo tardi>> mormorò, mentre la vita lo abbandonava. <<É troppo tardi, per te.>>
Grida inumane riempirono l'aria, ruggiti. I mercenari arretrarono di un passo e si guardarono attorno con fare smarrito, mentre le magiche fiere si materializzavano attorno a loro e si gettavano verso Evurt e Londar. Anche quegli uomini avvezzi a ogni orrore furono costretti a distogliere lo sguardo. Udirono le urla del loro capo, udirono rumori orribili. Rumore di artigli e fauci, rumore di corpi smembrati. Poi rimase solo il silenzio. E là, dove fino a pochi attimi prima c'erano Evurt e Londar, pochi, irriconoscibili resti e un lago di sangue.

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