La notte di Zireb
di Paolo Danese

Il vecchio ammantato avanzò tra gli ulivi. Era tarda sera, la luna lo dominava come una indifferente regina, ma era stanco come se avesse marciato sotto il sole cocente. Nella radura poco lontano si ergeva un tempio in pietra bianca, vestigia di dinastie dimenticate.
'Non è certo la stanchezza a ridurmi così si disse, sentendo il tremore nelle gambe. Sapeva cosa si annidava tra quelle mura, ne percepiva la forza dalla distanza. Un male sfuggente che da anni portava morte e disperazione nel Regno. Ma gli emissari dell'Ordine avevano trovato la sua tana e quella battaglia volgeva al termine, stanotte.
“Zireb, Maestro...” sentì chiamare alla sue spalle.
Si voltò verso il suo apprendista, che gli porse la pergamena. La prese e tornò a fissare la radura.
“Il villaggio è a ovest ragazzo.”
Gli occhi azzurri del giovane si fecero colmi di tristezza. “Non costringermi a incantarti” scherzò amaramente Zireb.
Il ragazzo non si mosse.
“Va bene...rimani pure, testardo imberbe.”
Zireb si avviò verso la costruzione portando con sé che l'ultima immagine del suo allievo. Dieci passi dopo percepì ancora quella forza che lo afferrava, prosciugandolo delle sue energie. Socchiuse gli occhi per un istante e la potenza di ciò che vide lo travolse. La corrente magica che emanava dal tempio era una tempesta di luce verdastra che assediava la notte. Un vento impetuoso roteava a folle velocità intorno al rudere che pulsava come un cuore scarlatto al centro di quel vortice. Il vecchio mago respirò a fondo prima di lanciare l'incantesimo.
Bastò un dito sollevato al cielo perché la luce azzurra esplodesse nella notte. Come un sasso in uno stagno, la forza che emanò dalla figura leggermente ricurva si propagò per un istante con un sibilo minaccioso. Poi svanì, lasciando solo un alone rassicurante che avviluppava la figura scarna. Questa riprese a camminare verso il tempio.

Giunse lentamente al portone in legno marcio. Dietro di lui solo l'alba vicina, e la salvezza. Ma entrambe le cose non gli interessavano più, per questo era stato scelto. Srotolò la preziosa pergamena e...capì. Pochi fondamentali caratteri sigillavano la vittoria dell'Ordine sulla creatura.
Aprì il palmo sinistro e sentì il formicolio tra le dita mentre le ante del portone venivano spazzate via come foglie nel vento. Una vampata nera emerse dalle fauci del male ora spalancate, sozzando l'aria gentile della notte. Gli occhi presero a bruciargli ma non sarebbe stato quel fastidio a fermarlo.
Mormorò a mezza voce una melodica litania avanzando oltre la soglia. La bestia era già pronta, uno scarlatto felino umanoide destatosi allo schiantarsi delle porte. Con un balzo sovrumano l'essere gli fu addosso. Ma prima che gli artigli immondi lo ghermissero, già la punta del bastone si sollevava ed una calda luce bianca invase tutto.

Il tempio svanì in un lampo, lasciando la radura nel silenzio.
Chissà dove li aveva condotti il sortilegio, pensò il ragazzo, unico testimone di quella sfida che aveva cambiato le sorti della sua terra. Lasciò l'uliveto, il villaggio a occidente aspettava buone notizie.

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