Úlith e Cynèdoron
di Chiara Piunno
Era notte nella rocca, tutti dormivano.
Solo Cynèdoron, figlia del re, si aggirava tra le ombre perché un rumore l’aveva destata, ed essendo coraggiosa quanto bella, era uscita. Con il cuore in gola, cercava.
D’improvviso, un mostro la assalì.
La fanciulla gridò, ma una figura dagli occhi di luce - che da tempo inseguiva l’essere - scivolò alle sue spalle e lo abbatté con una spada nera; poi, sfinito, crollò a terra.
Cynèdoron soccorse lo straniero senza esitazione, e alle guardie che sopraggiungevano ordinò di portarlo a palazzo perché ferito.
Il re ne fu informato, ma sebbene detestasse gli elfi, non osò scacciarlo.
Ma Nictèus, promesso di Cynèdoron, odiò lo straniero di nome Úlith dal primo istante.
Rapida fu la guarigione dell’elfo che, irrequieto, trascorreva ore fuori dalle mura scrutando il mare. Cynèdoron, innamorata di lui, soffriva perché presto lo avrebbe visto ripartire, così lo seguiva.
- È in mare che sono nato – le disse Úlith.
Poi sorrise e il sole gli danzava negli occhi.
- Ma da qui potrò vederlo sempre. Resto con te.
Quando Úlith chiese la mano della principessa, il re inorridì.
Eppure non osò rifiutare, poiché temeva il potere degli elfi.
Consigliato da Nictèus, lo ricattò.
- Acconsento, ma solo se tornerai con onore dalla guerra.
Disperata, la fanciulla sapeva che il padre lo mandava a morte; implorò Úlith di passare insieme la notte, così la Legge li avrebbe vincolati qualunque cosa fosse accaduta.
La separazione fu uno strazio.
- Torna da me – gli sussurrò Cynèdoron prima che montasse a cavallo.
Úlith continuò a voltarsi indietro finché non svanì dalla vista.
La guerra devastò il regno per anni.
Molti morirono, ma non Úlith, che tornò a Xènia.
Da Cynèdoron.
Giunto sotto la rocca, si fermò confuso. Un bambino giocava sulla soglia.
Gli elfi possono sentire il proprio sangue: fu così che Úlith conobbe suo
figlio.
Ma non si rivelò. Chiese dove fosse la madre.
- È morta, mio signore.
Distrutto, Úlith si fece indicare la tomba.
La lapide, sul colle da cui sempre guardavano il mare, era avvolta da rose canine.
Úlith cadde in ginocchio annientato dal dolore e pianse, affondando tra le spine.
Solo quando un uomo gli giunse alle spalle, sollevò il capo.
- Cynèdoron è morta. Il bambino ora è mio. Vattene!
- Non lo prenderò, Nictèus. Non posso portarlo dove andrò. Però... – indicò la spada nera
che aveva gettato a terra - ... Voglio che abbia qualcosa di me.
Insegnagli ad usarla.
Nictèus la brandì, turbato dalla sua perfezione e da ciò che intendeva farne.
- Così sia.
Úlith chinò il capo.
Nictèus, allora, sollevò la lama. Forte e rapido come il vento marino, lo
trafisse, uccidendolo.

Si dice che il sangue elfico renda fertile la terra...
Quello di Úlith cadde sulla rosa di Cynèdoron ed essa crebbe fino a ricoprire tutta Xènia.

Da allora, Úlith e Cynèdoron tornarono insieme e così resteranno per sempre.

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