La Fonte
di Paolo Capponi

Alexander alzò la sua spada verso la volta del santuario: ogni discepolo dell’Ordine del Sole poteva incanalare il Potere nella propria arma.
Dinanzi a sé, stretto nella sua pesante e lucida armatura, Syrth lo fissava con sguardo torvo in sella al suo mostruoso destriero dai crini di serpente. La sua lama lorda di sangue lo puntava come una bocca a fauci spalancate. La sua missione era sconfiggerlo: Syrth voleva impossessarsi della Fonte, l’origine del Potere dell’Ordine del Sole; ma Alexander non l’avrebbe permesso.
La sua candida spada fu investita di una luce accecante ed un crepitio come di fiamme riempì l’eco della grande volta dell’altare. Il Potere era giunto, poteva sentirlo scorrere nelle sue vene e lo ubriacava trascinandolo fin sulle vette più alte ed astratte del cielo, laddove dimorano solo gli dei.
<<Che tu sia dannato!>> replicò fuori di sé Alexander, i biondi capelli danzanti nell’aria, <<Quanti innocenti hai ucciso? Quanti monaci del mio Ordine hai trucidato per poter giungere fin qui? Ma la tua mano criminale non toccherà la Fonte e sarai distrutto dallo stesso Potere che per secoli l’ha custodita!>> Ruggendo come un fiero leone, scaraventò l’incantesimo contro di lui. Era la battaglia finale: Syrth sarebbe morto e la Fonte sarebbe rimasta intatta nel suo sperduto santuario.
Il Potere viaggiò tra i due combattenti: l’immondo cavallo del nemico s’imbizzarrì e Syrth sembrò indietreggiare, parandosi con la sua spada, ancora rigata del sangue dei monaci uccisi.
La luce lo investì con un’immensa esplosione. Alexander si parò gli occhi azzurri con una mano.
Silenzio.
Tra le colonne della navata principale del santuario serpeggiava fumo come capelli sottili.
Il cuore palpitava di gioiosa vittoria: l’aveva sconfitto.
Improvvisamente un sibilo ed un acutissimo dolore: il suo sguardo incrociò la rossa lama del nemico che gli trafiggeva il ventre come una sentenza di morte. Gorgogliò deluse parole come un fiume di sangue.
Il tenebroso Syrth riapparve attraverso la coltre di fumo. Non avrebbe dovuto ostacolarlo.
Lo scavalcò, si tolse l’elmo per poter finalmente respirare. Raggiunse l’estremità dell’abside: avrebbe portato via la Fonte, la sorgente del loro Potere e avrebbe distrutto per sempre l’Ordine.
Guardò la soglia della cella: era lì davanti a lui. Quanto a lungo l’aveva cercata! Quante notti insonni aveva trascorso dilaniato dalla sua immagine, dal terribile desiderio di tenerla fra le braccia!
Sospirò.
Aprì la porta.
Nell’immensa sala, una bara; al suo interno, la Fonte: dal cristallo traspariva un volto dolce di fanciulla, roseo e pieno di sogni e speranze. Ma ogniqualvolta l’Ordine sceglieva una vergine per farla diventare una Fonte, tutto s’infrangeva contro un doloroso sonno che presto sfociava nella morte, all’esaurimento del Potere e della vita.
<<Ma non per te, Clelys,>> le sussurrò dolcemente <<non per te, amore!>> Si sarebbe svegliata? Un giorno; o forse anche mai. Solo gli dei potevano saperlo. Ma – al diavolo l’Ordine! – viva o morta, Syrth sarebbe rimasto con lei. Per sempre.
E col cuore traboccante di lacrime e speranza, si avvicinò al feretro, chinò il viso e la baciò.

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