Sul campo, dopo la battaglia
di Dario Giacomazzi
Imyr cade nel fiume a metà, il tronco giù le gambe in su. Beve, più che bere ingoia l’acqua che lo sta inghiottendo e ha sapore di sangue. Affoga e vuole tossire, ma il ventre duole. Poi non duole più.
Annaspa, poi sente l’acqua farsi meno densa. Adesso tutto il suo corpo galleggia sospeso in un buio liquido. Il ventre non duole, e Imyr non respira più.
Il buio si rischiara, si distinguono oggetti, elmi, parti di armature, frammenti di armi e membra umane. Un chiarore plumbeo, azzurro argenteo, che non viene dal cielo, dalla luna che non splende nel cielo, ma dall’interno stesso delle cose.
Imyr si constata morto senza emozione. Le sue membra ora sono fatte di quel chiarore plumbeo, sono luce fluttuante, e sul fondo del fiume giace la materia del suo corpo che la corrente già trascina a valle.

La battaglia è finita. Sul pianoro cadaveri di cavalieri e cavalli si ammassano in mucchi formando piccole colline sanguinolente. Altri corpi giacciono scomposti qua e là e di tanto in tanto dal fango emerge una bandiera di cui è impossibile distinguere i colori.
Sulla terra impastata di sangue, molle al passo, incede un uomo. Cieco, si muove incerto orientandosi tra il puzzo della putrefazione e il lavorio di fauci delle bestie necrofage, tastando carni squarciate e arti mozzati, indovinando gli stemmi dei casati in rilievo sulle corazze.
Respirando a fatica l’aria greve di peccati il cieco borbotta preghiere, interrogando le spoglie e implorando gli spiriti dei soldati di indugiare ancora sulla crosta della terra prima di sprofondarsi nell’oltretomba.

Imyr va e si unisce a una folla di spettri che si avvicina al cieco.

Viene uno:
<<io comandavo l’ala più esterna. Tagliati fuori e circondati, siamo stati massacrati senza potere reagire. La lama di Got mi ha spezzato il cuore>>. Poi aggiunge: <<chiamato anzitempo prima di gettare il mio seme in ventre di donna, nessuno mi piangerà.>>
Viene un altro:
<<io portavo la bandiera. La freccia di Mowat mi trafisse la gola. Ne uccisi due con la picca prima di spirare soffocato dal mio sangue.>>
Un terzo:
<<fui schiacciato dal peso di un cavallo. Di umili origini, sono stato coscritto ancora prima che il mio braccio fosse in grado di sollevare l’ascia.>>

E tra quegli spettri Imyr riconosce la sua vittima e il suo carnefice, colui che ha ucciso e che prima di spirare lo ha ferito a morte squarciandogli il ventre. Ricorda l’odio quando si trovarono corpo a corpo, ogni fibra del loro essere vibrante di distruzione nella tensione della lotta spasmodica che li ha perduti entrambi.
Adesso anche quell’odio è un fantasma.

Tutte venivano le anime dei soldati, e non potendo mentire raccontavano di eroismi e viltà. Venivano al cantore cieco, unico che conservandone nei versi la memoria potesse sottrarle all’oblio.

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