Fuoco e Moto
di Filippo Gambacorta

Ero partito con la mia nuova donna sulla sella della bestia, stavano andando ad un raduno ma nessuno di quanti incontrai in autostrada mi riusciva a dire dove diamine fosse la città di “valle del lupo”. Tiziana, quella seduta dietro, con un pantaloncino attillato, stivaletti pieni di zampe di coniglio, top appena sotto le tette emanava il suo classico profumo di origano, guardava intorno tutto quello che accadeva col suo bel viso e pensava, come faceva sempre, a non si sa cosa. Forse quel maledetto stava male, forse sapeva come sarebbe finita, forse lei sapeva dove stavamo andando. Io d’avanti con un casco di cemento, il mio jeans strappato di quindici anni, una maglietta che appena copriva la pancia che m’era cresciuta da dopo l’ultimo matrimonio fallito appena in tempo, non usavo gli occhiale, per quel viaggio ebbi precise istruzioni come quella di non portare nulla se non tiziana.
Mi fermai per una sosta dopo centinaia di kilometri, della valle del lupo nemmeno l’ombra, c’erano solo montagne ed un cane nero e schifoso, si fermò a ringhiare giusto sotto la mia caviglia. Tiziana, giovane saccabadora scese ad accarezzarlo, come faceva con tutto quello che le piaceva, si accoccolò e mi guardò sorridente. era il massimo che riusciva ad esprimere. Mandò via il cane parlandogli all’orecchio, della sua voce conoscevo solo i gemiti di quando facevamo l’amore e i suoi continui lamenti di quando dormiva.
Mi fece cenno di scendere prendendomi per mano, credevo volesse fare l’amore sotto l’olmo di fronte, mi portò via dalla moto che non feci in tempo a spostare dalla strada. Andammo e finalmente trovammo il raduno.
vide delle donne e cominciò a saltellare. Mai vista così, in genere era pensosa, testa bassa e labbra serrate, adesso sembrava una bambina. Ci sedemmo di fronte ad una quercia, le donne iniziarono a ballare, noi uomini rimanemmo in fondo, su una pietra. Iniziammo a bere un liquido marrone, credevo fosse nocino, poi la lingua si intorpidì e non sentii più cosa ci fosse in bocca, potevo ingoiare un tizzone ardente, uno di quelli del falò intorno al quale ballava tiziana e non avrei avuto dolore.
Le donne cominciarono a gattonare, giravano come cani randagi, pronte a lanciarsi contro il loro fuoco, inarcate sulle punte dei piedi e delle mani quando ci fu un urlo ed il fuoco si spense.
Da quella sera parlai sempre di meno, iniziai a guardare le persone e capire quali di loro avessero un anima e quali fossero solo un arredo della vita, le cominciai a vedere, la loro vita privata, quando avrebbero avuto figli e se questi avessero avuto un’anima, Iniziai a vedere la loro fine così capii che la mia vita avrebbe avuto un senso. Tiziana andò via, quella volta sussurò “adesso capirai molte cose. abbi paura di quello che vedi e non cercare mai la tua morte sarà lei a trovarti”. Da allora partii molte altre volte con donne stupende in sella, tiziana mi aveva scelto, io obbedii.

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