In cima alla rupe
di Valentina Cipriani

Cominciava a stare un po’ scomodo. Strano, era lì da sempre e non aveva mai provato quella bizzarra sensazione. Il liquido giallastro era caldo e accogliente e lui, pur non potendolo vedere, ne percepiva il famigliare tepore da dietro le palpebre abbassate.
Quel liquido era la sua casa. Si addormentava cullato dalla sua viscosa morbidezza e, quando era sveglio, si divertiva a muoversi per quel mare, toccandone a tratti i confini duri. All’inizio, ci metteva un bel po’ ad andare da una parete all’altra. A volte aveva persino un po’ di paura, lui così piccolo in quello spazio tanto grande. Allora restava attaccato alla parete dura e non voleva abbandonarsi al liquido, come se questo avesse potuto inghiottirlo. Invece, adesso non riusciva quasi più a muoversi. Irritato, si agitò debolmente, tentando di stiracchiarsi per ricavare un po’ di spazio. E, da qualche parte vicino alla sua testa, udì un nitido crack.

La dragonessa cominciava ad essere piuttosto seccata. Insomma, l’avevano avvertita che sarebbe stata una cosa lunga, ma non pensava così lunga. Lanciò un’occhiata all’uovo, grosso e giallo, adagiato in mezzo alla paglia in cima ad una rupe rocciosa. Era un anno che viveva lì sopra, intenta a scaldarlo con il fiato rovente o a cullarlo fra le grandi ali. Per tutto quel tempo (così voleva la tradizione) non era potuta scendere, né aveva potuto tendere la mente verso il suo compagno che l’aspettava fiducioso a valle. E ora era decisamente stufa. Tesoro…ma quando arrivi? chiese fissando l’uovo con i suoi grandi occhi scuri. Non si aspettava certo una risposta, ma incredibilmente la ottenne.
Crack. L’uovo si crepò nella parte superiore, emettendo un rumore secco. Il grande cuore rosso della dragonessa accelerò i battiti e lei si accovacciò davanti al suo piccolo miracolo, con la nobile testa posata sulle zampe a pochi centimetri dall’uovo e un’espressione di ansiosa attesa sul muso.
Crack, crack. Tump. I colpetti si ripeterono e la prima parte del guscio saltò via. Inconsapevolmente, la dragonessa volle farsi più vicina e allungò il collo…proprio mentre il draghetto metteva fuori la testa. Rimasero a fissarsi.
Com’era bello! Aveva le scaglie rosse del suo compagno e gli occhi azzurri e vivaci. Il draghetto sbuffò e si liberò del resto dell’uovo, muovendo le ali piccole ma formate e le zampette tozze. Poi, si trovò ad affrontare quella grande cosa verde che gli stava vicinissimo. Non sembrava pericolosa, ma era decisamente enorme…inclinò la testa, perplesso. E poi, tutto era così diverso, sconosciuto! Perché non c’era più il liquido giallo?
La dragonessa colse lo smarrimento del suo piccolo e protese la vasta, placida mente verso di lui. Poi lo prese tra le grandi ali e lo cullò dolcemente. Il piccolo parve gradire e le si abbandonò contro. Com’era morbida e delicata la grande cosa verde! Attingendo a chissà quali ricordi ancestrali, il draghetto agganciò saldamente la mente a quella di lei e disse:
Mamma!
La dragonessa, lasciando che il suo respiro rovente le asciugasse una lacrima furtiva, gli leccò il muso.

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