Per l'ennesima volta
di Francesco Carnovale

All’improvviso uno strano tremore, ardente come la carezza d’un ferro arroventato, coprì la distanza che separava le mie scapole dai lombi. Ma non mi sorprese, non mi fece sobbalzare, non mi sembrò una sensazione nuova, quasi che quel brivido fosse già corso lungo la mia schiena, adagiata nuda sul pavimento di pietra fredda.

Mio signore, mio signore!

Sembrava un legno secco, quel vegliardo che, malfermo e ricurvo, s’accompagnava ad una dozzina di uomini scalzi, avvolti da capo a piedi in tonache nere come la pece. Potevo scorgerli con la coda dell’occhio ed udirne il terribile cantilenare, mentre mi giravano tutt’attorno.

Mio signore, è stato ferito? Non riesco a vederla!

Immediatamente, le mie membra si destarono dal torpore e divennero doloranti, come se fossi stato colpito in pieno da un enorme macigno, rimanendo schiacciato sotto la sua mole colossale. Nonostante gli sforzi, riuscii a malapena ad alzare il braccio destro, portando d’istinto la mano al collo, palpandolo, là dove avvertivo più male. Uno degli incappucciati corse a sorreggermi.

È stato colpito! Prendete una lettiga! Portatelo alla sua tenda, nelle retrovie!

Un’orribile cicatrice, lunga più di sei dita, era comparsa all’altezza della mia gola. Avvertivo la pelle dura e raggrinzita sotto i miei polpastrelli . Sussultai al pensiero, ed ancor più quando rividi passare di fronte ai miei occhi il volto ghignante di un uomo che portava le mie insegne ...

Conducete immediatamente qui il chirurgo!

L’ultima battaglia! La pugna, la polvere, le urla, il rumore delle armi che si incrociano, spade, daghe, picche e mazze e poi una pioggia di frecce di fuoco che s’abbatteva sul nostro accampamento, il fumo acre degli incendi che ci riempiva il torace, soffocandoci … Ed una di quelle frecce incendiarie che si piantò nella mia coscia, ustionandomi. Una smorfia di terrore si disegnò sul mio viso. Ma non fu il dolore della ferita a tracciarlo. Bensì il pensiero del volto di quell’uomo, vestito come uno dei miei medici …

Lo vedi questo? Addio, tiranno.

Scovai nella mia memoria il vago ricordo che mi aveva instillato una simile paura nel cuore. Quella lercia carogna vigliacca e traditrice si era intrufolato nella mia tenda mi aveva tagliato la gola con un ferro da cerusico, mentre giacevo inerme e ferito! Come si conviene ad un vile assassino laido, infido e mercenario! Maledetto, maledetto, maledetto!

Solo gli dei possono qualcosa ora!

Gli incappucciati continuavano a salmodiare le loro tremende cantilene, recitando preghiere e scongiuri di mille parole in una lingua a me ignota, mentre un giovane schiavo trascinava lungo il pavimento di pietra innumerevoli cadaveri legati mani e piedi, con il ventre squarciato. «Mio Signore», esclamò l’anziano «Seppur a costo di un altro sanguinoso olocausto, gli dei hanno risposto di nuovo alla nostra supplica, acconsentendo ancora che Sua Maestà continuasse a guidare il Suo glorioso esercito in battaglia!» Nel volgere d’un respiro, tutto divenne chiaro. Bramando vendetta, pensai che non fosse poi così balorda, l’idea di essere morto e risorto.
Ancora.
Per l’ennesima volta.

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