Il Sigillo
di Fabrizio Meloni

L'Arcangelo Khabirel aveva smesso di lottare contro le catene già da tempo. Sapeva che la sua forza, benché grande, non poteva spezzare quelle catene forgiate nelle Tenebre e costruite con l'unico intento di rinchiudere gli angeli nell'Abisso.
Khabirel si guardava attorno, scrutando i volti dei suoi compagni. La loro Luce si spegneva giorno dopo giorno e ormai solo i più forti sembravano resistere alle Tenebre che circondavano i loro spiriti Celesti. Non poteva finire così! Khabirel, uno dei 7 arcangeli Celesti, doveva combattere per la sua legione, per il bene supremo e per contrastare l'avanzata demoniaca nella terra dei mortali. Aveva visto troppi compagni soccombere, perdere le ali, assumere fattezze immonde e unirsi alle orde Abissali. Ora era tempo di compiere la sua missione, per quanto dura sarebbe stata la lotta, a rischio della sua stessa anima immortale.
Richiamò dentro sé quanta più Luce poteva e la nascose nella parte più profonda del suo spirito, impose su di essa un Sigillo in modo che solo chi avesse pronunciato la "parola" avrebbe potuto liberarla. Chiese perdono per i peccati che si apprestava a compiere e infine invocò le Tenebre. Esse lo investirono suadenti e rilassanti, avvolgendolo come un sudario.
Non c'era dolore ne odio, solo intenso piacere, e Khabirel, cominciò a compiacersi della sua trasformazione: la sua aurea luminosa divenne Ombra, le ali piumate diventarono come quelle di un pipistrello, i lineamenti delicati e puri divennero scolpiti e lo sguardo azzurro e sincero assunse il colore del sangue, malizioso e sadico. I capelli biondi divennero corvini, sul capo spuntarono due enormi corna ricurve, mentre la pelle si tinse di rosso. Non perse nulla della sua bellezza, ma assunse un fascino oscuro. Anche i suoi pensieri cambiarono: la misericordia mutò in rancore, la pace in accidia, la lotta in vendetta.
Guardò le sue mani artigliate e sentì scorrere dentro sé il potere oscuro. Le sue catene avrebbero imprigionato il più potente degli arcangeli, ma non erano state forgiate per la forza di un demone; così, come tirò, si spezzarono come seta.
Il demone guardiano, che era stato cieco alla trasformazione, lo vide solo in quel momento. Riconoscendolo come demone non lo attaccò; osò però posare lo sguardo su Khabirel più a lungo di quanto Khabirel stesso potesse sopportare. L'Arcangelo, allora, affondò il suo braccio artigliato nel petto del guardiano con una forza che avrebbe fatto impallidire il più potente dei demoni. Un fiume di sangue nero sgorgò dallo squarcio creatosi. Khabirel guardò il demone agonizzare per qualche istante, sorrise leggermente e, con il braccio ricoperto di sangue, scagliò fiamme viola sul suo nemico che arse all'istante.
Si volse compiaciuto verso gli altri angeli ancora incatenati. “Deboli e patetici,” pensò, “senza di me voi non sareste niente”. Poi, mosso da un senso di onnipotenza, spezzò tutte le catene. Poi spiegò le ali e si librò nei brucianti cieli dell'Abisso, fiero della propria grandezza. Il suo spirito era avvolto nelle Tenebre, ma una Luce viveva ancora in lui, sigillata da una parola ormai dimenticata.

Commenta questo racconto