Daphne
di Bruno Giannice

Inginocchiata sotto un salice lei sospira e parla d'amore alla notte.
Non posso non notarla mentre cammino in compagnia dei miei pensieri.
Nel buio il suo abito bianco risalta come una luce, ma è il suo aspetto che mi attira come se fossi una falena. Rapito dalla sua bellezza non mi accorgo nemmeno di essermi avvicinato tanto da essere al suo fianco.
E' tardi per allontanarmi, due occhi arrossati dal pianto si voltano verso di me.
La sua voce è come un alito di vento che scivola leggera fra le foglie.
<non aver paura, sono solo Daphne>
Paura ? Lei, sola nel bosco di notte, si preoccupa di aver spaventato me !?
Sorrido impacciato e accenno qualche parola di scusa per la mia intrusione.
E subito mi contraddico non riuscendo a non chiederle cosa faccia lì.
Sono confuso come un ragazzino alla prima cotta.
L'espressione con cui mi risponde è talmente triste che mi pento di aver aperto bocca.
< sto chiedendo perdono, lo faccio sempre > risponde semplicemente mentre i laghi gemelli dei suoi occhi indirizzano lo sguardo ad accarezzare il prato.
Con una risposta, la cui banalità mi fa vergognare, cerco di convincerla che sarebbe impossibile per chiunque non perdonarle qualsiasi cosa.
Lei reclina il capo e, come se volesse condividere un peso, inizia a raccontare <..ci amavamo fin da bambini. Era bellissimo nella sua divisa quando partì in missione all'estero. Promisi che l'avrei aspettato ma non immaginavo che l'attesa sarebbe stata così. Il tempo passava, mesi, anni senza notizie e suo fratello mi era sempre vicino. Mi confortava.
Per me era un modo di sentire meno lontano lui ma poi ... > la sua voce diviene più flebile <.. mi ha convinta che ormai fosse morto, che dovevo guardare avanti. Mi ha voluta ed io ho ceduto, ormai non mi importava più di nulla.
Fu un errore terribile, il mio amore tornò da me poco tempo dopo.
Non ho mai avuto il coraggio di confessare la mia colpa. Ma il giorno delle nozze il fratello che avevo respinto, roso da invidia e gelosia, raccontò quello che era successo tra noi. E poi...> A quel punto si interrompe e, alzandosi di scatto, prende a correre via singhiozzando Vedendola correre via alla cieca nel buio la seguo, forse per evitare che si perda o si faccia male, forse solo perché non posso farne a meno. Il suo vestito è come un faro che mi guida nel buio ma, di colpo, mi accorgo che altre forme chiare mi circondano.
Lapidi.
Sono in un cimitero.
Non riesco più a vederla ma continuo a cercarla per ore.
Alla fine le prime luci del nuovo giorno mi aiutano nella ricerca.
E' allora che la rivedo.
Il viso dolce e l'abito bianco in una vecchia fotografia ingiallita dal tempo.
Una scritta mi fa capire che il suo perdono non arriverà mai "addì 01 Aprile 1942, Daphne è rapita alla vita nel giorno delle sue nozze"

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