Gli occhi di Sylvia
di Bruno Giannice

Corro
cado, mi rialzo e corro.
I rami mi si parano dinanzi all'improvviso nel buio come per ghermirmi.
Lunghe dita di legno mi graffiano il volto.
Il bosco è tanto amico suo quanto nemico mio.
Corro.
Posso sentire che è dietro di me.
Sta giocando.
Potrebbe prendermi in qualsiasi momento.
Corro.
Sempre più stanco, senza una meta, guidato solo dal desiderio di salvarmi.
La notte è silenziosa come se l'intera natura fosse solo una spettatrice della mia tragedia e ne attendesse l'epilogo trattenendo il fiato.
Posso sentire il rumore del mio respiro affannoso che si accompagna a quello lieve del suo incedere sulle mie tracce.
Non c'è scampo lo so.
La mia mente lo sa ma il mio corpo non vuole arrendersi.
Perché succede questo?
Mentre continuo la mia corsa cieca posso rivedere gli avvenimenti che mi hanno portato a questo.
Rivedo quella semplice casa di legno. Così lontana dai sentieri battuti.
Mi ero perso nel bosco.
Dovevo aver vagato senza riferimenti per ore prima di arrivare lì.
Incuriosito e affascinato mi ero avvicinato per scoprire quale eremita vivesse così lontano dal mondo. Perché quello era certamente un luogo abitato, a dispetto dei rampicanti che ne coprivano le pareti.
Fiori colorati sui davanzali rivelavano un tocco femminile.
E infatti, nel prato poco distante, era stesa al sole la ragazza più bella che avessi mai visto.
Mentre, imbarazzato dalla situazione, decidevo se avvicinarmi per chiederle indicazioni, lei si accorse di me.
Allarmata, corse in casa con la grazia di un cerbiatto spaventato.
Vidi il suo viso dietro una finestra, mi osservava per valutare se fossi un pericolo o meno. Evidentemente comprese che non avevo cattive intenzioni, infatti poco dopo la porta si aprì.
Vista da vicino era ancora più graziosa, aveva indossato un abito semplice che su di lei aveva l'eleganza di un abito da cerimonia.
La sua bellezza era semplice e naturale.
Ma più di tutto mi colpivano i suoi occhi Non riuscivo a distogliere lo sguardo mentre sentivo la mia voce incerta spiegare la mia presenza lì.
Dovevo essere davvero goffo, ma lei mi offrì un sorriso radioso che creò ulteriore tumulto nei miei pensieri.
Disse di chiamarsi Sylvia.
Passai il resto della giornata con lei.
Seduti sotto un grande albero parlammo per ore e ore.
Per tutto il tempo rimasi vittima dell'incanto del suo sguardo.
Anche quando la nostra conoscenza andò molto oltre le parole.
Mi assopii e al risveglio era già notte.
Mi aveva svegliato un rumore improvviso e, ben presto, vidi cosa l'aveva causato.
Nero come le ombre con cui si confondeva un enorme animale mi fissava.
Non avrei saputo dire cosa fosse, un grosso lupo o un orso.
Cercai la ragazza con lo sguardo ma ero solo.
Solo con la bestia.
Iniziai a correre.
Lo faccio ancora.
Ma le gambe sono ormai stremate, cado sempre più spesso e mi rialzo a fatica.
Le forze vengono meno.
Infine la bestia è su di me.
Vedo le sue zanne.
Vedo i suoi occhi.
...gli occhi di Sylvia.

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