Senza Magia
di Andrea Fattori
A ogni passo, il cuore gli esplode nel petto. A ogni respiro, i polmoni si riempiono di braci ardenti. Arranca nella neve ghiacciata, le gambe sprofondano e fanno sempre più fatica a risollevarsi. Ma non può fermarsi. Ha la morte alle spalle.
È stato chiamato Ugulath il Terribile. Ugulath l’Eterno. Lo Spietato. L’Immortale. Il suo potere lo ha reso lo stregone più temuto e rispettato del regno, ha piegato interi eserciti. Ma ora è solo ed è indifeso. Ha sprecato fino all’ultima goccia della propria magia per respingere l’attacco degli Asfariani, i barbari dalla pelle chiara e dal cuore nero. È stato presuntuoso, ora lo capisce. Lo capisce mentre lotta per riuscire a compiere un altro passo, lui che era in grado di librarsi senza peso e lasciarsi trasportare dal vento. Pensava che nessuno avrebbe potuto contrastare il suo potere, aveva cominciato a credere davvero di essere immortale, a credere a quelle leggende che lui stesso aveva alimentato. E nella sua presunzione, ha dato fondo a tutte le proprie riserve di potere, senza pensare a una via di fuga.
Sente le urla dei barbari che lo inseguono. Il vantaggio si riduce a ogni secondo e presto gli saranno addosso. Non ha alcuna possibilità di salvarsi in un scontro, ma gli resta ancora la sua arma migliore: la sua intelligenza. Stringe i denti e copre gli ultimi metri che lo separano dal fiume. Temeva di trovarlo coperto di ghiaccio, di vedere svanire così il proprio piano, ma per fortuna l’acqua scorre impetuosa. Giunto sulla riva, riprende rapidamente fiato, quindi comincia a muoversi all’indietro ritornando sulle tracce che ha lasciato nella neve. Si concentra per rallentare il battito del cuore, ormai impazzito, e per dare un ritmo all’affannosa respirazione. Percorre venti metri, in un tempo che pare infinito scandito dalle urla degli inseguitori sempre più vicine, fino a raggiungere il proprio obiettivo. Si ferma e si concede il lusso di riprendere fiato ancora una volta. Quindi balza su un masso sgombro dalla neve. Rischia di cadere, ma riesce a mantenere l’equilibrio. Si allunga fino a raggiungere un grosso ramo, lo afferra e si aggrappa. Lentamente, facendo appello alle ultime forze, si avvicina al tronco dell’albero e poi si lascia cadere tra le possenti radici. Eccolo: l’anfratto che aveva intravisto passando. Sospira. Poteva essere solo un’ombra o una piccola fessura, invece è grande abbastanza da ospitare il suo esile corpo. Fa appena in tempo a nascondersi quando la voce del primo barbaro lo raggiunge, ormai a pochi metri: “Mago, maghetto, non fare il furbetto! Vieni fuori che ti aspetto...”.
Per un attimo teme che lo abbia visto, ma poi sente i passi pesanti che procedono. Lo ascolta e lo immagina mentre segue le orme, fino alla riva del fiume, e poi entra nell’acqua ghiacciata nella vana speranza di trovare qualche traccia sul lato opposto. Anche senza magia, Ugulath resta sempre il più grande. Ugulath il Terribile. L’Immortale!
Chiude gli occhi, sorridendo, mentre il freddo lo trascina nell’oblio.

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