Ascolta il vento
di Arianna Comotti

Oggi, sono passati 400 anni. Quattro secoli da quando il mondo è stato segnato dalla peggiore guerra che noi mortali abbiamo mai scatenato, il cui ricordo trasuda ancora il sangue delle migliaia di vittime, e ancora conserva l'eco delle grida, sferzate inutilmente dagli innocenti oppressi.
Fu quello l'anno in cui i cinque grandi regnanti furono colti dall'ebbrezza del potere e, ubriachi di magia, sfidarono la natura, spremendola, spossandola, stremandola e sottomettendola, con il cuore vuoto e la mente occupata da un solo ideale: l'egemonia.
Tempeste e tornadi furono evocati, e furono contrastati con terremoti, maremoti e inarrestabili eruzioni: la terra stava soccombendo per mano di chi essa stessa aveva nutrito e cresciuto.
Ma soprattutto quello fu l'anno in cui la punizione degli dèi per i nostri peccati di supremazia ci colpì più nel profondo: un sigillo fu imposto alle capacità umane, e a nessuno, da allora, è più concesso l'uso della magia.
Fino a quando oggi, nell'anniversario del nostro castigo, il tenue barlume della speranza ha illuminato il mio cammino: gli dèi hanno concesso a noi mortali un'altra opportunità, inviandomi una profezia.
Quando la luna si tingerà di rosso e il vento porterà con sé lo straziante lamento dei lupi, nascerà colui che riporterà al mondo dei mortali la magia perduta.
E con essa egli dominerà il mondo.

Diario di Shelbowynn,
anno 1799

Nerath gridò. Squarciò il silenzio della notte con un urlo pieno di dolore. Soffriva, ma sapeva che tanto dolore era necessario.
Teradin, suo marito, era accanto a lei, ma nulla poteva fare per alleviare le sue pene, se non incoraggiarla a sopportare il dolore che, da lì a poco, avrebbe lasciato il posto ad una gioia immensa.
Un'improvvisa folata irruppe nella stanza, spalancando la finestra, portando con sé un cupo coro di latrati: il vento portava un messaggio, tetro ed inquietante.
Ma nessuno, in quel momento, poteva prestarvi attenzione.
Non passò molto prima che un altro segno inequivocabile si manifestasse. La flebile luce della luna si era tinta di un velo carminio, e con essa anche il raggio che entrava dalla finestra, che catturò l'attenzione di Teradin.
Con la mano ancora nella mano della moglie, egli si voltò, attratto da quel bagliore insolito; trasalì, degluttì e ricompose i pezzi. E un fremito di eccitazione lo pervase.
Sentì le unghie di Nerath conficcarsi nella sua carne, mentre un grido che sfidava il canto dei lupi accompagnava l'ultimo sforzo.
Poi, finalmente, nacque. Le grida infantili si confondevano con l'ululato al perduto candore della luna.
- è un maschio! - gridò entusiasta la levatrice.
Teradin lasciò la mano della moglie per avvicinarsi al pargolo: le orecchie erano già appuntite, e due grinzose ali nere sul suo dorso lo marchiavano come figlio suo. Figlio di un elfo oscuro.
Lo prese in braccio, realizzando con un sorriso affilato di stare stringendo tra le mani colui che è nato sotto il segno della luna rossa.

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