Neve sporca
di Arianna Comotti

Era inverno inoltrato, era notte inoltrata; la luna, alta nel cielo, regnava incontrastata su un mondo ricoperto da una soffice coltre bianca.
La neve continuava a scendere lenta e silenziosa quando il vecchio Axel si svegliò di soprassalto, e con un grido si alzò a sedere sul letto. D'istinto cercò riparo dagli oscuri presagi che aveva avuto in sogno volgendo la vista oltre la finestra; laggiù, tra il bianco candore della neve, tra i rami avvizziti e sfioriti degli alberi, un richiamo attirò il vecchio, un richiamo che sentiva essere pericolosamente collegato con le premonizioni oniriche.
Il mago si vestì e uscì in fretta, senza mai distogliere lo sguardo, arricciato e cupo, da un punto indefinito laggiù, dove il sentiero sepolto sfumava sulle rive di un piccolo lago. Qui si fermò, incredulo: la dea Luna, alta sopra di lui, voleva mostrargli una visione del futuro, riflessa sulle acque.

Rosso. Tutto è tinto di un forte colore carminio. Rosso è il colore del sangue, che ricopre ogni essere morto. Rosso è il colore del fuoco, che arde sui corpi delle persone ancora vive. Rosso è il colore dello stendardo che avanza, simbolo del regno di Hansem.
Solo una figura si staglia sulla scena, avanzando con un sorriso cinico e compiaciuto alla vista di quest'inferno: gambe lunghe e possenti reggono un corpo muscoloso, dal cui dorso si leva una coppia di imponenti ali di pelle. Di quel fisico, nero come le ombre che divorano la città, più di tutto risaltano due schegge di ghiaccio, occhi che brillano perfino più delle lingue di fuoco.
Il re dei demoni.


Axel si riprese dalla visione, rendendosi conto di cosa significasse; corse in cima al dirupo poco distante, da cui poteva dominare l'intera visuale del bosco di Nehedel e delle pianure di Gretlin.
Lo spettacolo fu straziante.
Il latteo manto non c'era più. Il candore era stato sporcato dalla presenza di infinite orde di orchi e demoni, lontani, ma già troppo vicini.
Il vecchio mago spalancò gli occhi, incredulo.
“Devo avvertire...” pensò voltandosi, ma alle sue spalle un corpo scuro, alto e grosso, gli impedì di ritrovare il chiarore del bosco.
Una mano dalle dita lunghe e affilate afferrò il collo di Axel prima che egli potesse emettere un solo suono, sollevandolo da terra. Poi altre dita si avvicinarono minacciosamente alla sua gola. Nel tempo di uno scambio di sguardi con quegli occhi gelidi, la neve ai piedi del mago di tinse di rosso, poco prima che il corpo del vecchio vi cadesse sopra, senza vita.
“Com'è dolce il sapore del sangue... lo è ancora di più quando è intriso di paura...” pensò Hansem leccandosi le lunghe dita, ora vermiglie, e osservando dall'alto le legioni ai suoi ordini.
- Questa notte gli dèi sono con me, mago. Ma non temere: non ti lascerò qui da solo... - disse chinandosi, rivolgendo un sorriso beffardo al corpo esanime di Axel; poi si rialzò. - Presto porterò i tuoi cari a farti compagnia. Te lo prometto.

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