Negromante
di Elga Casciano

Solo e silenzioso guardava la terra erbosa che ancora lo accoglieva amoroso nel proprio seno. Sembrava che la selva degli elfi avesse intenzione di allungare all’infinito le sue braccia per stritolarlo. Curioso! Quando da bambino sua madre lo aveva condotto laggiù per proteggerlo dalla furia del tiranno, che vedeva nel padre un nemico, quel bosco gli era parso così freddo, distante e intangibile. Sembrava che quel luogo non fosse nato per assecondare i suoi desideri, ma combatterli sempre… anche nel più infido dei modi: mostrandosi amorevole e accogliente quando lui voleva solo la freddezza di cui gli elfi erano rinomati. Infondo quello non era il suo posto, non lo era mai stato e lo sapevano tutti. Lui, semplice uomo nascosto in quel paese straniero con il solo scopo di essere protetto, abbandonato da una famiglia trucidata nella lontana patria ove un mago senza valore credeva di essere un dio sceso in terra, lui… lui non era adatto a quella selva. Se ne erano resi conto tutti: i saggi del consiglio degli elfi che fin dall’inizio si erano opposti alla sua venuta nelle loro terre, i maestri di scherma e di magia che in lui avevano visto troppa oscurità, troppa sadica vendetta, troppa vuota morte. Se ne era accorto anche lui il giorno in cui aveva aperto gli occhi e deciso di dire addio al sole, al bosco e alla pace che gli elfi coltivavano come conigli nascosti fra i loro quieti alberi. Quella vita, quel mondo semplicemente non faceva per lui.
Sfiorò distratto l’erba verde con le mani guantate. Dicevano che era normale all’inizio non riuscire a controllarsi: far morire tutto ciò che si tocca. Sarebbe passato con il tempo… lentamente; lentamente tutto passa: anche il dolore per la morte passa con il tempo e diviene solo un flebile soffio nel cuore di chi sopravvive. Non c’è neanche bisogno di impegnarsi ad andare avanti o per lo meno a lui non era servito. Chissà cosa accadeva alle “persone luminose” quando i loro cuori erano in lutto? Sua madre glielo avrebbe saputo dire: lei sì che era luminosa con quel suo irriducibile ottimismo che era dipinto con tinte irreversibili nei gioviali occhi di China (1) . Cosa avrebbe detto se lo avesse conosciuto meglio? Se non fosse morta quando aveva solo sette anni? Se avesse scoperto di essere madre di un “uomo d’ombra”, come chiamavano gli elfi quelli come lui?
Alzò gli occhi sugli orchi che lo avrebbero dovuto condurre malamente ai piedi di quello pseudo-dio che lo aveva reso orfano. Erano terrorizzati e si tenevano cautamente a distanza da lui. Fino a un mese prima lo avrebbero squartato vivo indifeso come era, ma ormai la sua vendetta era alle porte.
Un orco si avvicinò piano strusciando i piedi. Essere in quella selva costava loro molta fatica, continui timori di essere attaccati e la sua presenza non alleggeriva gli animi dalla paura.
- Dobbiamo andare Negromante!- disse in tono servile.
Lo osservò in silenzio quindi si alzò fiero e scuro: sì! Dovevano andare!
--------------------
1) La China è una pianta della Ande i cui fiori hanno petali tosso-violetti

Commenta questo racconto