L'elmo
di Mirtillangela (Mariangela Parenti)

La guerriera dell'Ordine scagliò l’elmo sul tavolo del quartier generale liberando i capelli corvini.
“Va sempre peggio, Azalan, i miei uomini cadono e i maghi non riescono a sfondare la linea dei non-morti” scrollò il capo lasciandosi cadere sul pagliericcio. “Il loro Generale prevede gli attacchi e sa dove colpiranno i maghi, non riesco a prenderlo di sorpresa. Il mio Secondo è stato abile nell’aggirare i suoi maghi ma…”
“Non è come Thalan” le parole del vecchio tagliarono l’aria.
La guerriera si agitò sul pagliericcio e diede le spalle ad Azalan, nascondendo il volto.
“No, non lo è. Era necessario?”
“Perdonatemi, signora, non volevo…”
“L’hai fatto” replicò gelida. “Puoi andare”.
Il vecchio strinse le labbra e trascinò la gamba lesa all’ingresso della tenda; indugiò per un attimo sulla schiena della guerriera, poi uscì.
La donna serrò gli occhi: doveva dormire. *lui è morto*

“Quella troia ha avuto ciò che meritava” annunciò il Comandante. “Mi siete costato caro, Generale, voi e i vostri fottuti mercenari, ma ne è valsa la pena”. Il Signore delle Orde fronteggiava un possente uomo in armatura.
“E’ il mio mestiere” rispose. L’elmo gli nascondeva il volto.
“Tuttavia, la troia e le sue truppe sono ancora lì perciò, stanotte, combatterete con gli Spettrali” annunciò soddisfatto.
“Credevo voleste vincere la guerra con la spada, non con la Magia Proibita” il disprezzo colò dalle labbra dell’uomo d’arme.
“Stronzate. Avrete gli Spettrali e cancellerete dalla faccia della terra la troia e i suoi uomini”.
“E i miei, di uomini? La Magia Proibita non fa differenze di campo”.
“Carne da macello. Ho comprato anche la vostra morte, mercenario”.
Il Generale chinò la testa “Come ordinate”. *a modo mio*

Nella battaglia la guerriera individuò il Generale nemico. Gli corse incontro. “Morirai, vigliacco!”
Lui la vide avanzare nel groviglio di corpi mutilati. Annuì. “Tu vivrai, invece”.
La donna irrigidì la schiena. Quella voce, quel tono. Strinse la spada ma non attaccò. “Non sono una codarda, non temo la morte”.
L’uomo avanzò di un passo. Quella voce, quelle labbra. Scagliò lontano l’ascia: “Neppure io, chika”.

Quella voce, quel nome. La guerriera scagliò via l’elmo, il cuore martellava. “Togliti l’elmo!”
Il Generale si strappò un amuleto dal collo, lo stritolò con una mano. Il corpo ebbe uno spasimo, le ossa scricchiolarono, la carne si lacerò e l’armatura andò in frantumi, anche l’elmo. Non più uomo, ma ancora non bestia, fissava la guerriera con tenerezza.“Oggi ti salverò, come non sono riuscito in passato”.
La donna deglutì, una lacrima rovente le bagnò le labbra. “La maledizione… non… ti ha ucciso…”
“Presto non saprò più chi sei, è peggio che morire. Guardami, devo farlo, mia Kalya”.
Lei annuì. Ormai un guscio vuoto.

Un urlo trafisse il campo di battaglia e la Bestia si scagliò sull’Orda, dilaniando, sventrando, arrossando la terra di sangue non suo.
Kalya attese e pianse. Poi si asciugò le lacrime. Diede l’ordine quando la Bestia cavò a morsi il ventre del Comandante dell‘Orda. “Abbattete quel mostro, saremo le sue prossime vittime”. *addio, mio Thalan*

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