L'Incubo
di Carmelo Massimo Tidona

La notte era appena iniziata quando si risvegliò di soprassalto, rizzandosi a sedere sul suo giaciglio ormai zuppo di quel sudore che continuava a scendergli lungo la fronte. Nella sua mente le immagini dell'incubo appena avuto erano ancora tanto vive che avrebbero potuto gelargli il sangue.
Nel sogno, qualcuno era entrato in casa mentre lui dormiva e... no... meglio non ripensarci.
Strano che i sogni possano sembrare tanto reali, pensò mentre tentava di asciugarsi il volto impallidito, eppure... Il rumore di un'imposta che sbatteva al piano di sopra lo fece trasalire. Era certo di aver chiuso tutte le finestre. E se... ma che stupidaggine! I sogni sono solo sogni, niente di più, e quello non era poi tanto diverso dai soliti... magari solo un po' più spaventoso, tutto qui! E la finestra... be´, doveva essere stata una dimenticanza, perché preoccuparsene tanto?
Rinunciò ad asciugarsi, gli sembrava di essere stato immerso nel fango, e si sedette a gambe incrociate tentando di scacciar via dalla sua mente i residui dell'incubo. In fondo, pensò nel tentativo di tranquillizzarsi, se fosse davvero successo quel che aveva sognato se ne sarebbe già accorto. ... o no?
Si rimproverò nuovamente per l'aver dato tanto credito a qualcosa che non poteva assolutamente essere, ma ormai era più forte di lui, e non poté fare a meno di portarsi una mano sul collo. I suoi polpastrelli sfiorarono due piccoli rigonfiamenti, simili a punture di insetto, in corrispondenza della giugulare.
Una goccia di sangue gli macchiò le dita. Non poteva essere ciò che pensava...
non doveva esserlo.
Si alzò di scatto e corse in bagno per mettersi davanti allo specchio, ma la fredda lastra non gli rimandò alcun'immagine del suo volto.
Ancora tremante, si sfiorò i denti con la lingua, passando più volte sui canini. Erano lunghi ed appuntiti come le zanne di una belva.
Si diresse alla finestra ed osservò per un attimo l'ultimo quarto di luna. Il suo corpo sembrò mutarsi in nebbia, per poi rapprendersi nella forma scura di un enorme pipistrello.
Diede un'altra occhiata alla sua bara ed uscì in volo. Certo, però, che era stato davvero stupido a preoccuparsi tanto per un banalissimo incubo.

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