L'Incarico
di Walter Serra

Eccolo ancora, sono già tre volte che passa di qua. Si sofferma davanti la porta a vetri del negozio oppure sbircia dalla grande vetrina. Spia, osserva, indugia. Poi, come alzo la testa, si scosta e va via La campanella tintinna.
"Buon giorno."
"Buon giorno a lei."
"Potrebbe dirmi quanto chiede per quella?" Lo guardo trasecolato: "quella" è una statua di legno laccato di metà seicento, di ottima fattura, vestita con abiti raffinati. In pratica è la riproduzione, in formato naturale, del figlio di un conte, una nobile casata ormai scomparsa. Però, se si cerca in biblioteca, salta fuori la sua storia, lo stemma, il castello.
Il suo dramma…
"Potrei…vederla da vicino?"
Socchiudo gli occhi nel fissare i suoi, chiari e tremolanti.
Mi chiedo…
Prendo la chiave dal panciotto e apro la teca di cristallo dove in pratica sta non so più nemmeno io da quanto.
Lui ne sfiora il volto con le dita, poi tocca le stoffe pregiate, infine ne lambisce una mano.
"Quanto chiede?"
"Guardi, non si offenda, non se la può permettere…" M'è bastata un'occhiata alle sue scarpe scalcagnate, per capirlo.
"Non importa. Solo per saperlo..." Abbassa lo sguardo.
Non è nei miei confronti che prova vergogna, lo percepisco.
"Le piace così tanto?"
"Lo confesso, l'ho notata ieri e non ho pensato ad altro per tutta la notte."
"È strano, ce l'ho da quando è aperto questo negozio, ma nessuno ne ha mai parlato in questi termini. Cosa l'ha attirata così fortemente?" Devo sapere.
"Il suo sguardo."
Osservo quel viso immutabile. Non lo trovo affatto intenso, tanto meno ammaliante.
"È triste, se ne sta come in attesa, soffrendo in silenzio.", prosegue lo sconosciuto.
Il cuore mi si lacera.
"La prenda, è sua!" Non avrei più fatto migliore affare in vita mia.
"Ma cosa dice, io…"
"Nessun altro potrebbe averne cura quanto lei. Gliela incarto…"
"No, no, la porto via così!" Ha quasi urlato. La prende e se la stringe al petto. " Ma è sicuro? Allora…Grazie! " È felice.
Sorrido e lo accompagno fuori.
Mentre si allontana, incredulo, con "quella" abbracciata, una donna e una bambina curiosano dalla vetrina.
"Venite, vi faccio un regalo! Oggi, Tobia's chiude." Afferro un quadretto a caso e lo metto fra le mani della donna, alla bambina porgo una bambola di porcellana, dell'ottocento. "Anche voi, prendete. Voialtri, entrate, è gratis. Chiudo, regalo tutto quanto…" Osservo l'uomo giungere sul fondo del vicolo. Il cappello piumato della statua fa capolino dalla sua spalla, poi un braccino smagrito ne scavalca il braccio e le gambe gli cingono i fianchi.
Stanno abbracciati.
Mi scendono le lacrime agli occhi.
Ormai il negozio è un alveare di gente che fa a gara per disputarsi i pezzi migliori.
Non m'importa, ora che l'incantesimo è stato spezzato, dopo trecento anni, io non servo più. E nemmeno queste cianfrusaglie.
Mi accoccolo su una sedia Luigi XVI, svuotato d'ogni energia. Un secondo dopo, qualcuno la afferra per portarsela via.
Manco s'è accorto che un attimo prima c'ero io sopra, ora non più…

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